Aveva tutte le caratteristiche del tormentone: un ritornello orecchiabile, la presenza dell’immancabile J-Ax (più diffuso del prezzemolo: ormai non esce più un pezzo senza una parte rappata da lui) assieme a Nina Zilli – bravissima cantante, ma con un trascorso da giudice di talent show e questo non guasta – e Danti, rapper e autore di artisti come Francesco Renga, Annalisa e lo stesso J-Ax.
Forse «Tu e d’Io» non ha sfondato come ci si poteva immaginare, ma un segno quel milione di visualizzazioni su Youtube (senza considerare Spotify e radio varie) l’avrà pure lasciato.
Nella canzone c’è una dichiarazione d’amore: «Se ci sei tu / anche Milano sembra Rio», che in qualche modo ricorda un’altra canzone di J-Ax («Cosa importa se sognavi Puerto Rico? / Ma se restiamo insieme sembra un paradiso anche Ostia Lido»). Tutto il resto è un’esibizione di doppi sensi tra sacro e profano, condita dal video che, al di là dell’ironia nonsense-demenziale di Maccio Capatonda, vede J-Ax cantare vestito da suora.
Il brano si inserisce in un filone ormai rodato: che non esprime – anche in forma polemica, perché no? – un sentimento religioso, ma dove ci si diverte a costruire giochi di parole più o meno irriverenti («Gesù Cristo sono io» di Levante) o ci si limita a dire che si preferisce farne senza («Mi sento bene», Arisa).
«Ave Maria piena di ansia» è l’incipit, mentre l’immagine del singolo richiama la Creazione di Adamo del Michelangelo, solo che tra le due mani c’è il passaggio di un calice di vino.
La canzone gioca tra religioso e demenziale, e il sospetto è che voglia rivelare quella che – per chi l’ha composta e chi la canta – è la dimensione demenziale del religioso. Con qualche passaggio di cattivo gusto, tra una bestemmia sottintesa («Sono credente a modo mio / La seconda cosa che dico appena mi sveglio è Dio») e l’immancabile riferimento alla cannabis: «Sono un santo con l’aureola di cbt», giusto per sorridere pensando ai clericaloni che si scandalizzeranno. Ci sono comunque flash suggestivi («Gesù ha iniziato con 12 follower e un hater», sarebbero undici e uno ma non facciamo i pignoli) e un condimento di parole come «fede» e «miracoli», quest’ultima usata per dire alla Madonna di piangere vino – e non sangue –, raccoglierlo con due calici e bere allegramente. Davvero fa così ridere? Segnaliamo poi il riferimento a due episodi evangelici, ovviamente rimodellati a uso e consumo della canzone: le nozze di Cana («Tu porta l’acqua che al vino ci penso io») e l’adultera condannata («Si lo ammetto ho ballato Despacito / Chi è senza peccato scagli il primo mojito»).
Ovviamente c’è anche del buono, per quanto espresso in forma critica, anzi soprattutto perché espresso in forma critica. «La chiesa è un call center, io parlo col presidente», dice J-Ax. Concetto non nuovo (un tempo suonava «Cristo sì, Chiesa no»), e forse proprio perché, da questo punto di vista, si è fatto troppo poco. È comunque espresso in modo efficace: la Chiesa viene percepita come un’entità nella quale regna la confusione e che, soprattutto, vuole rifilarti qualche fregatura. Così, davanti alla chiamata della Chiesa-call center, è naturale buttare giù il telefono e prenderla in giro. Pretendendo invece un rapporto diretto con Dio, senza mediazioni. Una religione «a modo mio», individualista. C’è qualcosa che la Chiesa può fare per far percepire che essa è la comunità dei credenti, e non un’élite che inizia da papa e cardinali e finisce con il parroco, escludendo dunque i fedeli? Non è certo la domanda di J-Ax e compagnia bella, ai quali probabilmente il tema interessa poco. Però offrono il pretesto per raccoglierla.
Il secondo spunto che mi porto da questa canzone arriva in realtà prima: «La tecnologia è il nuovo Dio / Io non sono salvo / Nel nome dell’iPad, iPhone e lo Spirito Samsung». L’impressione è che sia una frase buttata lì, tanto per trovare un altro gioco di parole tra sacro e profano. Eppure davvero la tecnologia diventa idolo, quando nelle relazioni tra le persone manca l’umanità. Una dimensione da riscoprire, anche – perché no? – su internet. Facendo magari un dispetto a chi pensava con una canzoncina di spernacchiare il sentimento religioso, e riceve perfino un grazie per quel briciolo di contenuto interessante che una canzone comunque povera di contenuti presenta.

Lorenzo Galliani
insegnante