Querida Amazonia potrebbe scontentare un po’ tutti. Una grande attesa, caricata di aspettative, poco importa da chi, finisce per retroagire negativamente sull’evento stesso. L’attesa più che il contenuto ne determina il criterio ermeneutico. È quel che succede qui da noi (diversa è la recezione latinoamericana) circa l’esortazione post-sinodale pubblicata ieri da papa Francesco e relativa al Sinodo panamazzonico dell’ottobre scorso.
Il documento affronta alcuni (non tutti) dei nodi presi in carico dal sinodo: dallo sfruttamento del suolo, all’ingiustizia economica, ai diritti delle popolazioni indigene, alle necessità pastorali delle comunità. Ma è su questo punto, e segnatamente sulla questione dei ministeri, che l’attenzione europea-occidentale si è concentrata. Ai «conservatori» non basterà quella che appare una frenata del papa. Ai «progressisti» appare come una smentita del Sinodo panamazzonico.
Là dove il Documento finale sinodale ha aperto a larga maggioranza in determinati casi al sacerdozio uxorato, il papa non ha rilanciato. Così aveva detto il sinodo: «Proponiamo di stabilire criteri e disposizioni, da parte dell’autorità competente, per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiamo un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica» (Documento finale, n. 111). Il papa non ha detto sì, ma ha ribadito che «occorre trovare un modo per assicurare il ministero sacerdotale», affinché «i popoli amazzonici non siano privati del Cibo di nuova vita» (Querida Amazonia, n. 89). C’è in realtà un’apertura in via d’eccezione lasciata al discernimento delle Chiese locali, ma non una modifica della disciplina generale. Più spedita l’accoglienza del rito amazzonico. Più arretrata (soprattutto su un piano teologico) la questione dei ministeri femminili, segnatamente il diaconato. L’ordinazione di diaconi sposati e il riconoscimento di ministeri femminili, quali il diaconato, posti in termini generali sono ancora questioni lasciate alla discussione.
Qui non c’entra il libro del card. Sarah. E il dibattito sui due papi. Qui il tema è la recezione condivisa della Chiesa, di tutta la Chiesa universale nella sua larga maggioranza di una nuova disciplina generale, che sia adeguatamente supportata da una solida riflessione teologica ed ecclesiologica. Non siamo ancora lì.
Il Sinodo panamazzonico ha aperto un processo e il papa ha lasciato aperto il processo. La mens del documento è infatti la questione sinodale e il peso da dare ai sinodi anche in rapporto agli interventi papali nelle esortazioni post-sinodali. Questo è il centro. Il papa riconosce certamente autorevolezza al Documento finale del sinodo e la sua esortazione lo affianca. Questi i punti centrali: «Voglio presentare ufficialmente quel documento che ci offre le conclusioni del sinodo», «ho preferito non citare tale documento in questa esortazione perché invito a leggerlo integralmente» (n. 3); «non intendo né sostituirlo, né ripeterlo» (n. 2).
I criteri interpretativi sulla natura dell’esortazione apostolica forniti da queste premesse sono ulteriormente illuminati alla fine dell’esortazione, che riprende l’Evangelii gaudium. «Il conflitto – dice il papa – si supera a un livello superiore dove ognuna delle parti, senza smettere di essere fedele a sé stessa, si integra con l’altra in una nuova realtà». Tutto si risolve «su di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto». Altrimenti il conflitto ci blocca, «perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e la realtà stessa resta frammentata»” (Querida Amazonia, n. 104). E ancora: «la via d’uscita si trova per “traboccamento”, trascendendo la dialettica che limita la visione per poter riconoscere così un dono più grande che Dio sta offrendo» (n. 105).
Papa Francesco ritorna allo spirito del primo sinodo celebrato dopo il concilio Vaticano II e prima che le esortazioni apostoliche post-sinodali divenissero lo strumento di controllo del papa sulle indicazioni del sinodo. Il metodo sinodale si conferma come il centro del magistero ecclesiologico di Francesco, la vera novità. Poi la profezia deve trovare la chiave della sua responsabilità storico concreta, scontandone tutta la fatica. È la dinamica dello Spirito nella storia. Mai risolta. Mai ingessabile.

Gianfranco Brunelli
direttore de “il regno”