Sul caso Jean Vanier è stato ormai scritto tutto e, lodevolmente, la fonte principale delle informazioni è L’Arche International stessa – l’ente che coordina le diverse realtà fondate da Vanier – che, per bocca dei suoi responsabili Stephan Posner e Stacy Cates-Carney, ha rese note il 22 febbraio le conclusioni di un’inchiesta affidata a un organismo indipendente britannico.
L’inchiesta coinvolge anche i domenicani francesi perché il «padre spirituale» di Vanier (come lui stesso lo definiva) nonché co-fondatore de L’Arca, p. Thomas Philippe, venne accusato nel 1950 e poi condannato nel 1956 per violenze sessuali su alcune donne (maggiorenni).1
Documenti inediti dall’archivio dei domenicani di Francia sono stati consultati dallo storico Antoine Mourges. È stato anche utilizzato l’archivio di Vanier stesso, morto nel maggio 2019 a 90 anni.
Che cosa è emerso?
1) Che Vanier mentì anche ai suoi collaboratori quando negò di sapere delle accuse al domenicano: la fitta corrispondenza tra i due e la documentazione dell’archivio domenicano non lasciano dubbi.
2) Che egli nel 1950 «faceva parte di un piccolo gruppo clandestino che approvava e applicava alcune delle prassi sessuali devianti di p. Thomas Philippe, che si basavano su credenze “mistiche” o “spirituali”». E che, piano piano, Vanier consentì a Philippe di continuare a guidare il gruppo nonostante il divieto impostogli dall’ex Sant’Uffizio. Condannato nel 1956 a un anno e poco più di sospensione dal ministero, Philippe riprese il ministero ma anche le violenze.
3) Che fu ordinato a un riluttante Vanier di non partecipare al gruppo, chiamato Acqua viva, che venne ufficialmente sciolto, e di passare alcuni anni in seminario prima di essere ordinato prete (un dubbio: è per questo che è rimasto laico?).
4) Che mentì una seconda volta riguardo alle accuse di violenze sessuali, psicologiche e spirituali che 6 donne (adulte e senza handicap), di provenienza geografica diversa e di condizioni di vita diverse (laiche, sposate, consacrate), l’una all’oscuro dell’altra, gli hanno rivolto riguardo a fatti avvenuti tra il 1970 e il 2005: quando finalmente nel 2016 emerse la prima accusa – dice il resoconto de L’Arche International – «Jean Vanier riconobbe la relazione ma disse anche che pensava fosse “reciproca”».
5) Che avviò una richiesta di perdono nei confronti della donna e che scrisse due lettere per condannare i comportamenti di p. Thomas, accusato ufficialmente da due donne, la cui testimonianza fu raccontata da un documentario della TV franco-tedesca Arte nel 2019.
6) Che le caratteristiche delle violenze descritte dalle vittime di p. Thomas erano le medesime delle vittime di Vanier: atti sessuali imposti con motivazioni mistico-spirituali.
È chiaro quindi perché a essere profondamente turbati e colpiti dai risultati dell’inchiesta non sono solo i membri delle 153 comunità sparse in 38 paesi, ma anche i vescovi francesi e in particolare mons. Ornellas, referente spirituale del gruppo, i vescovi del paese natale di Vanier, il Canada e la provincia francese dei domenicani.
Ora il punto è sul che fare. «Mentre non è in discussione il tanto bene che ha fatto lungo tutta la sua vita, dobbiamo – affermano Posner e Cates-Carney – considerare morta e sepolta una certa immagine che forse abbiamo di Jean e delle origini dell’Arca».
Dopo i fondatori, i rifondatori devono ripartire oltre queste macerie.
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1 Il fratello Marie-Dominique fondò nel 1975 la Comunità di S. Giovanni. Nel 2013 il superiore della comunità dichiarò che il fondatore aveva «compiuto gesti contrari alla castità nei confronti di diverse donne adulte che accompagnava». Ma il 5 novembre scorso quei «gesti» erano diventati, nelle parole del capitolo rifondativo della congregazione, «gravi abusi» sessuali e spirituali. Inoltre 27 religiosi della congregazione sono risultati colpevoli di violenze sessuali.
È stato poi riconosciuto che hanno avuto una responsabilità nei comportamenti di p. Thomas sia la sorella, Cécile Philippe, priora del monastero di Bouvines, sia lo zio, Pierre-Thomas Dehau: entrambi domenicani.

Maria Elisabetta Gandolfi
caporedattore attualità de “il regno”
Tanta preghiera, e misericordia sempre… Ognuno ha il proprio trascorso affettivo e fortunati chi fin da piccolo lo ha avuto equilibrato…senza carenze e senza brutte esperienze…