Francesco d’Assisi, l’infermità e la sua maniera di sopportarla. Collegato in streaming dalla cattedrale di Rieti, il vescovo mons. Domenico Pompili guida ogni sera un Rosario. Al termine della preghiera di mercoledì 18 ha ricordato alcuni episodi della vita di Francesco d’Assisi legati alla malattia, e ne ha tratto tre indicazioni per noi, oggi. Qui il testo integrale pronunciato; sul sito della diocesi un ampio resoconto.
San Francesco era di salute piuttosto gracile. Negli ultimi anni ebbe varie malattie, tra cui un tracoma, cioè una malattia infettiva molto contagiosa che colpisce gli occhi, peraltro subito dopo il viaggio in Egitto nel 1219. L’infermità gli impediva di muoversi liberamente e doveva essere accompagnato e custodito.
A tal proposito – come narra il suo biografo Tommaso da Celano, «siccome quella malattia si aggravava di giorno in giorno e sembrava peggiorare per la mancanza di cure, infine, frate Elia, (…) lo costrinse a non rifiutare i rimedi della medicina in nome del Figlio di Dio, che la creò» (Vita di san Francesco, IV, 98: Fonti francescane, 490). I medici migliori erano quelli presso la curia pontificia, che in quel periodo si trovava a Rieti, accompagnando Onorio III, e fu proprio nella valle reatina che Francesco fu condotto per essere curato. Il Poverello non si sottrasse alle arti di un medico famoso, anche se non ne ottenne grandi benefici.
Quando poi, sul finire della vita, Francesco ebbe a sperimentare tutta la sua fragilità, volle trasfonderla in una preghiera, componendo il Cantico di frate sole in cui tra l’altro afferma: «Laudato sì, mi Signore, per quelli ke e sostengo infirmitate e tribulatione. Beati quelli ke’l sosterrano in pace, ka da Te Altissimo, sirano incoronati» (Fonti francescane, 236).
Ricavo dalla malattia di Francesco e dalla sua maniera di sopportarla tre indicazioni per noi.
La prima: Francesco, che in gioventù aborriva ogni limite e spavaldo affrontava la vita, riconosce che proprio nella fragilità sta la manifestazione della verità. Quel che stiamo vivendo è un bagno di umiltà rispetto ai nostri deliri di onnipotenza.
La seconda: Francesco all’inizio è riluttante a farsi curare, ma poi accoglie il consiglio altrui e, confidando nel Signore, non disprezza la medicina in nome di un malinteso fideismo. La fede è indispensabile, ma senza rinunciare alla ragione.
La terza: anche nelle tenebre più fitte vi è il Signore che illumina la notte, proprio come nella veglia pasquale. Il Cantico di frate sole altro non è che un cantico pasquale che coinvolge la stessa creazione. Prepariamoci a vivere la Pasqua: quest’anno non sarà possibile viverla in modo rituale. Ma solo in chiave esistenziale.
