La pandemia e la scuola: abbecedario per il dopo

Sul numero 10 di Regno-attualità, che viene spedito in questi giorni agli abbonati, Sarah Numico ha intervistato Mariapia Veladiano sulla scuola italiana durante e dopo la pandemia (sullo stesso tema c’è anche un articolo di Stefano Camasta). Per Re-blog ne abbiamo estratto questi frammenti.

A come Adolescenti

Il virus li ha riportati in famiglia proprio nell’età in cui la vita è soprattutto altrove. Viaggiano sul filo di una situazione che si impone come limite e il limite può essere anche educativo o può fare esplodere situazioni depressive o conflittuali. Credo che sia una grande prova per le famiglie, ma se non sono lasciate sole può essere vissuta con consapevolezza.

 

B come Bambini

I piccoli in piccole classi con accorgimenti opportuni: qui devono essere gli esperti a dire fin dove si può andare. Esplorare le possibilità. Se si fa finta di niente tutto ricadrà sulle famiglie, e in particolare sulle donne. La crisi del 2008 ha riportato moltissime donne a casa, senza lavoro e senza reddito. Un arretramento terribile. I contratti devono prevedere forme di flessibilità non penalizzante. Penso ad esempio a una banca del tempo lavorativo personale. Oppure prevedere l’anno sabbatico. Questo non è a costo zero per il lavoratore, ma sarebbe una opportunità. Sarebbe un bel dimostrare ai bambini che sappiamo imparare dalle circostanze e che loro, i bambini, ci stanno così a cuore che tutta la società un poco cambia per assicurare loro l’istruzione e una vita buona

 

C come Classi prime

Le classi prime (elementare, media e superiore) del prossimo anno avranno bisogno di essere a scuola in presenza per alcune settimane e fare il passaggio, diventare classe. Quindi pensare alle prime come classi con esigenze differenti rispetto alle altre.

 

D come Didattica a distanza (DaD)

C’è stata una straordinaria capacità, da parte delle scuole, di mettere in campo in tempi rapidi degli strumenti capaci di non lasciar cadere il rapporto educativo con i ragazzi. La chiamo scuola di prossimità: non lasciar cadere i bambini e i ragazzi, restare prossima ai luoghi in cui loro si trovano, sempre. Quella del tempo del coronavirus raggiunge a casa gli studenti con ogni strumento possibile. Uno dei problemi: la DaD non ha raggiunto tutti, per cui sono aumentate le disuguaglianze. Un altro problema è che la DaD non ha ancora una letteratura come didattica esclusiva né la formazione dei docenti in questo ambito è stata curata nel passato. Neanche per i ragazzi grandi si può immaginare di coprire con la DaD l’orario completo.

 

E come Emergenza

Penso che la scuola in presenza sia la sua dimensione indispensabile. Si tratta però di trovare un punto d’equilibrio fra la sicurezza totale, che è il lasciare a casa tutti gli studenti, e il rischio tollerabile. Sempre c’è una percentuale di rischio nel vivere. L’azzeramento del rischio è l’immobilità, la morte anticipata. Qual è in questa situazione il rischio accettabile? È un problema anche culturale. Inoltre siamo partiti già da una situazione di crisi: classi troppo numerose, aule troppo piccole, scuole non a norma e senza ambienti in cui poter lavorare per gruppi. In altri paesi le scuole possono ripartire perché gli spazi sono ben diversi rispetto ai nostri. Abbiamo imparato qualcosa che sapevamo ma che avevamo lasciato sullo sfondo della nostra consapevolezza. Che la normalità che conosciamo è fragilissima.

 

F come Famiglie

Ci sono famiglie che hanno risorse personali, spazi fisici, appartamenti grandi, terrazzi, computer a sufficienza, inventiva, capacità di governare la tensione: per questi bambini i mesi che stanno vivendo possono essere mesi di stress ma anche di grande crescita personale ed emotiva. Poi ci sono famiglie che già erano fragili prima e per queste la situazione attuale è davvero rischiosa se non vengono accompagnate dai servizi. C’è anche chi non sa chiedere aiuto. Ecco perché siamo un po’ tutti chiamati a essere attenti oggi e a esercitare una responsabilità diffusa.

 

G come (piccoli) Gruppi

Se per tornare a scuola si dovrà avere classi meno numerose, si deve pensare a come poterlo fare. Se sarà permesso di lavorare in piccoli gruppi si può mobilitare il servizio civile. Attualmente sono in attesa di risposta 80.000 domande di servizio civile: un tesoro di risorse giovani e piene d’entusiasmo che si potrebbe mandare nei quartieri a raggruppare quei bambini che non possono essere seguiti con la DaD. La Protezione civile potrà portare anche in futuro materiali didattici, strumenti di lavoro, fare da messaggero fra la scuola e le famiglie più disagiate, insieme ai ragazzi del servizio civile, con competenze adeguate per seguirli.

Mariapia Veladiano

Scrittrice

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