A giugno il 48% degli italiani ha rinunciato a una visita medica, programmata o urgente. L’82% lo ha fatto per paura del contagio o dei presidi considerati insicuri. Il 12% delle persone, invece, ha rinunciato per motivi economici. Percentuali che nei mesi successivi sono state confermate. Dunque, ai numeri quotidiani dei contagi per COVID si aggiunge un dato molto preoccupante nel nostro paese. Lo commenta il presidente del Banco farmaceutico, Sergio Daniotti: questa pandemia «ha creato incertezza e tanta paura» e questi numeri «avranno conseguenze sullo stato di salute delle persone». In particolare «le fasce più deboli della popolazione, che in tutte le situazioni di crisi sono quelli che pagano il prezzo più alto».
Secondo l’VIII Rapporto «Donare per curare – Povertà sanitaria e donazione farmaci», edito dall’Osservatorio sulla povertà sanitaria del Banco farmaceutico, quest’anno già 434.000 persone povere non hanno potuto acquistare i medicinali di cui avevano bisogno per ragioni economiche. Mentre le persone non povere hanno una capacità di spesa pro-capite mensile per le cure mediche di 65 euro – come rileva lo studio –, le persone povere possono spendere solo 10,15 euro, meno di 1/5 dei non poveri. Le persone non povere, inoltre, possono spendere, in medicinali, 28,18 euro, contro soli 6,38 euro mensili di chi versa in stato di indigenza. Le difficoltà non riguardano solo gli indigenti: 7 milioni 867 mila persone non povere (3 milioni 564 mila famiglie) nel corso del 2019 hanno dovuto sospendere o limitare almeno una volta la spesa necessaria per visite mediche e accertamenti periodici.
Tale situazione è aggravata dal fatto che le persone povere spendono il 63% del loro budget sanitario mensile per acquistare farmaci da banco e destinano solo 3,77 euro alle altre cure necessarie, di cui fanno parte anche quelle a scopo preventivo. Per questo tipo di spese le persone non povere destinano 36,82 euro, cioè 10 volte di più.
Il diffondersi del coronavirus, le restrizioni e la crisi economica innescata da quella sanitaria hanno ulteriormente peggiorato le condizioni della popolazione più fragile. Infatti quasi un ente assistenziale su due ha subito l’impatto della pandemia: il 40,6% ha dovuto limitare la propria azione o sospendere qualche servizio per un periodo più o meno lungo; il 5,9% degli enti ha chiuso e non ha ancora ripreso le attività. L’Osservatorio, che ha preso in esame 892 enti assistenziali particolarmente strutturati (che si prendono cura di 312.536 indigenti), ha registrato un calo di oltre 173.000 assistiti (pari al 55% del totale.) Si tratta di persone che hanno chiesto assistenza a un ente, ma questo era chiuso o aveva ridotto i propri servizi; oppure di persone che, poiché impaurite dal COVID, hanno rinunciato a farsi curare. Pertanto, si stima che almeno 1 povero su 2 non abbia potuto curarsi attraverso gli enti che forniscono gratuitamente cure e medicine e sia rimasto ancor più deprivato della necessaria protezione sociale.
Da qui il grido d’allarme lanciato alle istituzioni e alla politica, perché comprendano a fondo il ruolo del terzo settore in Italia. «Il terzo settore sta ripartendo – spiega Daniotti – ma abbiamo il dovere di dire alle istituzioni che in alcune situazioni non basta. Se non portiamo l’istanza degli invisibili e dei deboli alle istituzioni, essi continueranno a rimanere invisibili. Ora come non mai, in questa Italia impoverita dalla pandemia, la grande rete della solidarietà, che è un patrimonio del nostro Paese, non può essere lasciata sola». Una cosa il COVID l’ha insegnata ed è l’importanza di lavorare insieme: «aziende, farmacisti, associazioni, medici, istituzioni e ospedali. Continuiamo a fare così e a dire alla politica – conclude il presidente del Banco farmaceutico – che se vogliamo uscirne veramente dobbiamo lavorare insieme».

Paolo Tomassone
Giornalista