I fondi del piano Next Generation EU «rappresentano certamente un fondamentale strumento per uscire dalla crisi pandemica, e sono forse ancora più importanti in una prospettiva di medio termine» come un’occasione davvero unica, per l’Italia, di «intraprendere quell’ammodernamento delle infrastrutture, materiali e immateriali, da molto tempo frenato da vincoli strutturali e da carenza di risorse». A queste conclusioni, alle quali l’opinione pubblica italiana pare spesso aderire in forma superficiale o comunque poco consapevole, si giunge al termine di un’analisi economica pubblicata sull’ultimo numero di Regno-Attualità.

 

Recuperare il futuro

Stefania Tomasini, partner e responsabile di modelli economia italiana di Prometeia, nell’articolo parte dal bilancio dell’anno appena trascorso («gravissimo» ma che «sarebbe stato molto peggiore se le politiche economiche non fossero intervenute prontamente e massicciamente»), per poi passare a considerare gli aspetti salienti del Next Generation EU e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che lo declina rispetto al nostro paese, con il suo corollario di riforme strutturali. Queste comprendono, esplicitamente o implicitamente: le lentezze e inadeguatezze della pubblica amministrazione e la riforma della giustizia civile e penale, la sanità, di cui la pandemia ha evidenziato carenze e squilibri territoriali, l’istruzione (data la necessità di potenziare le competenze della forza lavoro), il sistema fiscale.


Africa – Eritrea: una guerra d’altro tipo

Sul n. 12 della rivista viene dato ampio spazio ad approfondimenti dall’estero.
Mentre è ancora attivo il conflitto con l’Etiopia nella regione del Tigrai, in Eritrea proseguono le nazionalizzazioni forzate delle strutture scolastiche sostenute e promosse dalla Chiesa cattolica e da altre confessioni religiose. La politica – si legge nell’articolo di Regno-Attualità – era iniziata con le strutture sanitarie, requisite tra il 2017 e il 2019 e poi con alcune scuole, a partire dal 2018. Per questo lo scorso 26 maggio i vescovi cattolici eritrei (mons. Menghesteab Tesfamariam dell’arcieparchia di Asmara e i monss. Thomas Osman, Kidane Yebio e Fikremariam Hagos Tsalim delle eparchie di Barentù, Keren e Seghenèiti) hanno inviato una formale lettera di protesta al ministro dell’Istruzione Semere Reesom.

«Fin dalla sua istituzione per opera di Gesù Cristo più di duemila anni fa – affermano i presuli –, la Chiesa Cattolica ha sempre fermamente tenuto fede al suo mandato di servire l’uomo e la donna, in ragione del fatto che la sua missione scaturisce dalla sua identità: come fece il suo fondatore e Signore Gesù Cristo, salvatore del mondo, così essa ha sempre e fattivamente preso a cuore i problemi e le necessità spirituali e materiali del popolo, senza alcuna distinzione né di religione, né di cultura né di lingua. In fedele aderenza a tale principio, anche questa porzione della Chiesa cattolica che è in Eritrea ha svolto e continua a svolgere la sua opera, sempre a fianco del popolo, in tempi di prosperità, così come in quelli di avversità».


America Latina – Cile: un modello democratico

Non si è ripetuto l’exploit del plebiscito del 25 ottobre, che, in un paese in cui l’affluenza al voto è di norma piuttosto scarsa, aveva visto accorrere alle urne più del 50% degli elettori per esprimersi sull’opportunità di mettere mano a una nuova Costituzione. Ma il 15 e 16 maggio (oltre un mese dopo la data stabilita, a motivo della pandemia) il 42,5% dei cileni ha comunque eletto i 155 delegati che dovranno redigere la nuova Carta costituzionale, superando completamente quella del 1980, varie volte emendata, ma pur sempre figlia dell’era Pinochet (cf. Regno-att. 20,2020,637). Entro la fine di giugno – viene ricordato nell’articolo della rivista – l’Assemblea dovrà eleggere presidente e vicepresidente e avviare i lavori, avendo davanti a sé una tabella di marcia lunga 9 mesi, procrastinabile di altri 3 per una sola volta. Alla fine del percorso, il testo dovrà essere approvato da un nuovo referendum.


Italia – Religiosi: saveriani dopo la pandemia

Parma, capitale italiana della cultura 2020, è stata uno dei capoluoghi emiliani più colpiti dal COVID-19. Tra marzo e aprile dello scorso anno il virus ha flagellato violentemente la casa madre dei missionari saveriani dove ha ucciso 18 padri. Uomini che avevano rischiato la vita in missione, alcuni ancora attivi, rapiti in un istante da un male invisibile. Questi eventi hanno suscitato grande dolore e solidarietà verso la comunità saveriana che a Parma rappresenta un porto accogliente e amato.

Nel 2020 la congregazione, fondata da san Guido Maria Conforti nel 1895 e diffusa in 4 continenti, doveva celebrare il XVI Capitolo regionale, dal titolo «Profezia nella concretezza», che ha potuto svolgere solo lo scorso maggio. Su Regno-Attualità l’intervista al nuovo superiore regionale, padre Alfredo Turco.

Nato nel 1963 in provincia di Udine, vice-regionale nella precedente équipe, dirige il Museo d’arte cinese ed etnografico ed è vicario parrocchiale della chiesa di San Patrizio.

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