Tornare al centro del dibattito politico. Dove «tornare» è il tentativo, ma è anche la volontà e il desiderio di Comunione e liberazione che, da oltre quarant’anni, a fine estate si presenta sulla scena a Rimini e sui principali media nazionali. Lo fa grazie al Meeting – quest’anno si è svolto in presenza alla fiera dal 20 al 25 agosto, dopo aver sperimentato nel 2020 il modello “ibrido” metà in presenza e metà in streaming a causa delle restrizioni per il COVID-19 – che parla sempre di più alla politica italiana e ai mondi collegati e sempre meno una vetrina interna al movimento. Un appuntamento che quest’anno ha assunto un significato ancora più importante essendo uno dei primi eventi di massa che ha richiamato in presenza decine di migliaia di persone dotate di green pass.

Titolo di questa edizione «Il coraggio di dire “io”», un “io” comunitario – quello di CL – che cerca di mantenersi uno spazio aperto e un’interlocuzione il più possibile aperta con i vari soggetti della politica e di categorie sociali, il sindacato e Confindustria. «Il coraggio in contrapposizione alla paura» è stato uno dei temi ricorrenti durante la kermesse, ripreso nel suo intervento anche dal presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, don Julián Carrón. Ai nostri giorni la paura, dall’essere un ostacolo a vivere pienamente sé stessi e a godere della realtà, diventa una specie di compagna di cammino. Come succede ai bambini (ma anche ai grandi) quando superano la paura di entrare in una stanza buia grazie alla mano della mamma o del papà che tiene la loro, e con questa presenza più grande andrebbero – senza paura, appunto – ai confini del mondo. Dice Carrón che «l’incertezza non è un nemico, ma un’opportunità». I nemici spesso sono le proiezioni delle nostre paure e delle nostre insicurezze esistenziali. L’opportunità è quella di «scoprire qualcosa di più essenziale per vivere», e proprio per questo la nostra epoca – quella della secolarizzazione e più ancora del nichilismo – è quella in cui «riemerge l’esigenza di un significato». La perdita del senso è percepita come una mancanza e la mancanza come un’arsura che non riusciamo a estinguere.

 

Bisogno di responsabilità

La pandemia ce lo ha insegnato: davanti ai gravi problemi del mondo, l’io non può che tornare a riprendere coscienza di sé e della sua responsabilità all’interno di una comunità. L’io individualista che ha dominato in questi decenni ha fallito. Lo ha ricordato anche il Capo dello Stato che ha inaugurato la settimana del Meeting con un intervento in collegamento video dal Quirinale. «Ci siamo scoperti più fragili di quanto credevamo. Abbiamo compreso con maggiore chiarezza di aver bisogno del sostegno degli altri – ricorda Sergio Mattarella –. Abbiamo fatto esperienza del dolore, della paura, della solitudine. Ma nella comunità abbiamo trovato risorse preziose, decisive per far sì che le nostre speranze, le nostre aspirazioni non venissero sradicate e potessero ancora trovare conferma e sviluppo». Il richiamo all’“io” mette in evidenza il compito – o come l’ha definita il presidente della Repubblica, la «missione» – verso i tanti “tu” che incontriamo. «La pandemia ci ha dimostrato quanto ci sia bisogno di responsabilità. Nell’opera dei medici e del personale sanitario. Nel lavoro di chi svolge mansioni sociali. Nell’impegno di chi opera nel tessuto economico.

Nell’azione dei governi e degli organismi internazionali. Ma anche nei comportamenti di ciascuno di noi». Da qui un nuovo, pressante, invito a vaccinarsi: «un atto d’amore» come l’ha definito papa Francesco.

Molti i temi che si sono affrontati nella edizione 42 del Meeting: dal lavoro alla scuola, dalle riforme, alla giustizia. Ci sono stati dibattiti, mostre, spettacoli. Sono intervenuti esponenti del mondo culturale, della società civile, politici, amministratori, imprenditori. I ministri del Lavoro Andrea Orlando, dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi, delle Pari opportunità Elena Bonetti e dei Trasporti Enrico Giovanni, per citarne alcuni. Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat, Luigi Sbarra segretario Cisl, Carlo Bonomi leader degli industriali italiani oltre a manager e imprenditori dei gruppi più grandi del nostro Paese. E poi ancora atleti, insegnanti, registi, preti e religiosi. Tutti hanno messo al centro della testimonianza un unico tema: che cosa significa ricostruire l’Italia? Significa «cambiare». A partire dal mondo del lavoro, quello che più coinvolge le giovani generazioni.

Globalizzazione, tecnologie e transizione ecologica – si è ricordato a Rimini durante i Talk – Il lavoro che verrà offerti dalla Fondazione per la Sussidiarietà – stanno trasformando tutti i mestieri: oltre metà delle professioni che esisteranno nel 2040 devono ancora essere inventate. L’Italia è soffocata da rigidità, burocrazia e tasse e fa fatica da sempre a creare occupazione: ogni 100 persone da 15 a 65 anni, solo 58 lavorano. In Europa sono 68 e in Germania addirittura 76. Nel 2021, però, è iniziata la ripresa. In sei mesi oltre 560.000 annunci di lavoro hanno affollato il web. «Analizzando l’evoluzione di circa 270 professioni – ha spiegato il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini –, abbiamo scoperto che in soli cinque anni, il ventaglio di competenze per svolgere qualsiasi lavoro è cresciuto del 30%. Però bisogna stare attenti anche ai passaggi intermedi. Se dobbiamo chiudere le raffinerie per tutelare l’ambiente, i lavoratori dove finiscono? La politica deve chinarsi per capire questi concetti».

 

I politici a raccolta

Oggi il governo Draghi sta lanciando importanti riforme per la rinascita del Paese, lo hanno riconosciuto tutti a Rimini alternandosi da un palco all’altro allestito dentro l’expo romagnolo. Ma è stato lanciato anche un grido alla politica: sembra che i partiti siano più concentrati ad azzuffarsi, su questo o quel tema; invece devono tornare a cercare soluzioni concrete pensando ai problemi presenti e futuri, e a dialogare, e non solo tra di loro, ma con la gente comune, con i corpi intermedi e i giovani, che per costruirsi un futuro abbandonano l’Italia. Un concetto richiamato all’ormai tradizionale incontro dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà a cui hanno preso parte tutti i responsabili dei soggetti politici che siedono in Parlamento: il neo presidente del M5S Giuseppe Conte, il segretario del PD Enrico Letta, la presidente di FDI Giorgia Meloni (in collegamento a distanza), il presidente di IV Ettore Rosato, il segretario della LEGA Matteo Salvini, il vicepresidente di FI Antonio Tajani e il presidente dell’Intergruppo Maurizio Lupi.

Quarant’anni di globalizzazione guidata dal mercato – si è ricordato durante l’incontro – hanno svuotato il discorso pubblico, tolto potere ai cittadini comuni e provocato una reazione populista. I Parlamenti si sono dimezzati e svuotati. L’unico luogo dove vi era espressione di democrazia, dove si discuteva e di decideva direttamente sembra aver perso la sua funzione. Con effetti devastanti anche sull’opinione pubblica, come conferma un recente studio di IPSOS sui corpi intermedi dove si evince che il 56,2% degli italiani si dice deluso dalla democrazia. «Questo distacco dai corpi intermedi come noi fa male – ha commentato Vittadini, che è stato tra i primi compagni di viaggio di don Giussani –. I partiti non hanno più un nesso con il mondo di associazioni, movimenti, realtà parrocchiali e circoli. Abbiamo parlato per anni della disintermediazione e dell’uomo solo al comando; forse dopo vent’anni cominciamo ad accorgerci che le radici, i corpi intermedi, devono farsi l’esame di coscienza, non possono essere corporativi, devono educare all’ideale, al bene comune». Che cosa può far spingere i giovani a riappassionarsi ai problemi della vita? Cosa insegna la pandemia? Come usare le opportunità dei finanziamenti che arriveranno dall’Europa? Come riprendere un sistema sussidiario? Interrogativi a cui i politici giunti a Rimini hanno abbozzato una risposta, districandosi tra i temi più attuali: la crisi in Afghanistan, la riapertura delle scuole a settembre, l’auspicato ritorno alle lezioni in presenza, la bozza del decreto anti-delocalizzazioni che sta impegnando il ministro del Lavoro – che vede la contrapposizione di Confindustria – e gli appelli alla vaccinazione.

L’appuntamento è per una nuova edizione nel 2022 che avrà come titolo «Una passione per l’uomo».

Paolo Tomassone

Giornalista

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