COP26, Francesco: è il momento delle decisioni per un pianeta sano

«Contribuire attivamente a questa coscienziosa costruzione di un futuro dove i comportamenti quotidiani e gli investimenti economico-finanziari possano realmente salvaguardare le condizioni di una vita degna dell’umanità di oggi e di domani in un pianeta “sano”». Una sfida che richiede l’impegno da parte di tutti i leader mondiali radunati alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la COP26 in corso a Glasgow, sotto la presidenza del Regno Unito. Un impegno – come ha chiesto papa Francesco nel suo messaggio inviato al presidente della COP26 Alok Sharma – che interpella in particolare quei Paesi con maggiori capacità, che «devono assumere un ruolo guida nel campo della finanza climatica, della decarbonizzazione del sistema economico e della vita delle persone, della promozione di un’economia circolare, del sostegno ai Paesi più vulnerabili per le attività di adattamento agli impatti del cambiamento climatico e di risposta alle perdite e ai danni derivanti da tale fenomeno».

 

Lontani da obiettivi per contrasto cambiamenti climatici

«Purtroppo dobbiamo constatare amaramente come siamo lontani dal raggiungere gli obiettivi desiderati per contrastare il cambiamento climatico. Va detto con onestà: non ce lo possiamo permettere! In vari momenti, in vista della COP26, è emerso con chiarezza che non c’è più tempo per aspettare». Nel testo, letto dal Segretario di Stato, Pietro Parolin, capo della delegazione della Santa Sede al COP26, il papa afferma che «sono troppi, ormai, i volti umani sofferenti di questa crisi climatica: oltre ai suoi sempre più frequenti e intensi impatti sulla vita quotidiana di numerose persone, soprattutto delle popolazioni più vulnerabili, ci si rende conto che essa è diventata anche una crisi dei diritti dei bambini e che, nel breve futuro, i migranti ambientali saranno più numerosi dei profughi dei conflitti. Bisogna agire con urgenza, coraggio e responsabilità – chiede Francesco -. Agire anche per preparare un futuro nel quale l’umanità sia in grado di prendersi cura di sé stessa e della natura».

I giovani, ricorda il pontefice, chiedono con insistenza di agire: «non avranno un pianeta diverso da quello che noi lasciamo a loro, da quello che potranno ricevere in funzione delle nostre scelte concrete di oggi». Ecco perché questo è il «momento della decisione» che dia alle giovani generazioni motivi di fiducia nel futuro.

 

Su cambiamenti climatici in corso sfida di civiltà

Sui cambiamenti climatici siamo in presenza di una «sfida di civiltà» che può essere vinta solo con una «azione coordinata e responsabile» e soprattutto da portare avanti insieme.

«Mentre inizia la Conferenza di Glasgow, siamo tutti consapevoli che essa ha l’importante compito di mostrare all’intera comunità internazionale se realmente sussiste la volontà politica di destinare con onestà, responsabilità e coraggio maggiori risorse umane, finanziarie e tecnologiche per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico così come per aiutare le popolazioni più povere e vulnerabili, che sono quelle che ne soffrono maggiormente». Così l’appello del papa, letto nel corso dell’assise dal Segretario di Stato, card. Pietro Parolin. Ma, davanti a noi, vi è di più: «questo compito – spiega il papa – dovrà, infatti, essere svolto nel pieno di una pandemia che da quasi due anni sta flagellando la nostra umanità. Accanto ai vari drammi che ha portato il Covid-19, la pandemia ci insegna anche che non abbiamo alternative: riusciremo a sconfiggerla solo se tutti quanti prenderemo parte a questa sfida. Tutto ciò, lo sappiamo bene, richiede una profonda e solidale collaborazione tra tutti i popoli del mondo».

 

Ferite COVID e su clima paragonabili a Seconda Guerra mondiale

La ferite all’umanità causate dalla pandemia e dal cambiamento climatico – scrive Francesco nel suo appello ai leader della COP26 – sono paragonabili a quelle derivanti da un conflitto globale. «Così come all’indomani della seconda guerra mondiale, è necessario che oggi l’intera comunità internazionale metta come priorità l’attuazione di azioni collegiali, solidali e lungimiranti».

Per questo «abbiamo bisogno di speranza e di coraggio». Infatti «l’umanità ha i mezzi per affrontare questa trasformazione che richiede una vera e propria conversione, individuale ma anche comunitaria, e la decisa volontà di intraprendere questo cammino. Si tratta – spiega Francesco – della transizione verso un modello di sviluppo più integrale e integrante, fondato sulla solidarietà e sulla responsabilità; una transizione durante la quale andranno considerati attentamente anche gli effetti che essa avrà sul mondo del lavoro».

Ma in questa prospettiva, «particolare cura va rivolta alle popolazioni più vulnerabili, verso le quali è stato maturato un “debito ecologico”, connesso sia a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ambientale, sia all’uso sproporzionato delle risorse naturali del proprio e di altri Paesi. Non possiamo negarlo», aggiunge il pontefice.

Un «debito ecologico» che richiama, per certi versi, «la questione del debito estero, la cui pressione ostacola spesso lo sviluppo dei popoli. Il post-pandemia può e deve ripartire tenendo in considerazione tutti questi aspetti, collegati anche con l’avvio di attente procedure negoziate di condono del debito estero associate a una strutturazione economica più sostenibile e giusta, volto a sostenere l’emergenza climatica».

«È necessario che i Paesi sviluppati contribuiscano a risolvere il debito ecologico – conclude Francesco nel suo messaggio all’appuntamento di Glasgow – limitando in modo importante il consumo di energia non rinnovabile, e apportando risorse ai Paesi più bisognosi per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile. Uno sviluppo a cui, finalmente, possano partecipare tutti».

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