Se fossero rimasti dei dubbi in merito, Diotallevi li spazza via del tutto: il clero italiano è in crisi. Il fenomeno dell’abbandono del sacerdozio ministeriale e la più generale crisi della fede nella Chiesa italiana è al centro dell’intervista di Sarah Numico al sociologo Luca Diotallevi, sul numero 2 di Regno-attualità (gennaio 2022, in stampa in questi giorni).

 

Crisi di numeri

Innanzitutto numerica: in 30 anni c’è stato un calo di quasi il 20% dei presbiteri diocesani: da poco più di 36.000 si è arrivati a poco più di 29.000 nel 2020. L’età media supera i 61 anni; i preti che hanno meno di 30 anni sono 600. Intanto è cresciuta la fetta di sacerdoti stranieri che presta servizio nelle 25.595 parrocchie italiane e che oggi rappresenta l’8,3% del totale.
A questo calo in entrata, occorre aggiungere la crescita degli abbandoni. Per quasi due decenni, dopo il 2000, ci sono stati in media 40 abbandoni. Più o meno 1,3 per 1.000 presbiteri diocesani. Questa percentuale si è mantenuta tra lo 0,9% e il 2% fino al 2018.
Nel 2019 è schizzata a 7 abbandoni per 1000 presbiteri. Nel 2020 è di nuovo scesa un poco, a 3,6 per 1.000. Un altro fenomeno relativamente nuovo è che non si tratta più di abbandoni concentrati nel primo anno di presbiterato, ma spalmati lungo tutta la carriera.

 

Crisi di motivazioni

Poi formativo-motivazionale: dalla letteratura internazionale disponibile in merito, si può evincere che le ragioni dell’abbandono sono passate dalle crisi ideologiche degli anni Sessanta a crisi vocazionali dalle motivazioni psicologiche ed esistenziali. In estrema sintesi: non si riesce a reggere un ruolo diventato una maschera che socialmente non funziona più (cf. anche Regno-att. 2,2021,51; 16,2021,492).
Inoltre, la selezione nei seminari è fortemente diminuita. Il rapporto tra ingressi nei seminari e ordinazione oggi è arrivato molto vicino a 1, mentre in passato c’era una fortissima selezione. Un altro elemento nuovo è l’indisponibilità di un numero crescente di preti a fare i parroci, con un impegno che li vincoli a una comunità. Sempre più sacerdoti vogliono fare i battitori liberi, secondo il modello del prete-star. Se non si dà, subentra la delusione.

 

Crisi generalizzata

Tuttavia – conclude Diotallevi – la crisi è più generale e riguarda anche il laicato, il cui calo nella partecipazione alla vita ecclesiale è più rapido di quello dei preti. Il quadro è terribile non per i numeri – pochi preti – ma per la concezione del rapporto clero-popolo come elemento decisivo dell’autocomprensione della Chiesa. Il protagonismo clericale di preti in sempre minor numero e con sempre minor esperienza indebolisce e svilisce la Chiesa e si combina con una fuga dei laici.
Il punto non sta nel numero dei preti (tant’è che il fenomeno è presente anche nelle Chiese che scelgono il clero uxorato e l’ordinazione delle donne), ma è più di fondo: se un sacramento diventa un bene di consumo, s’attiva una dinamica per cui bisogna avere buoni venditori di quel bene. Questo però significa che, con estrema facilità, il consumatore religioso può cambiare il negozio di beni religiosi in cui fare acquisti.

Maria Elisabetta Gandolfi

Maria Elisabetta Gandolfi

Caporedattrice Attualità per “Il Regno”

5 pensieri riguardo “I preti abbandonano, ma i laici di più

  • 24 Gennaio 2022 in 06:44
    Permalink

    Conclusioni troppo superficiali.
    I sacerdoti che lasciano sono il segnale di un malessere diffuso che non si vuole ascoltare.
    Ancora una volta si riduce la questione ad un’analisi sociologica e manca il punto di vista teologico-pastorale.
    Le conclusioni di una ricerca sociologica sono importantissime ma parziali, poiché devono essere valutate con i criteri propri della teologia pastorale, che molti ignorano essere la scienza che studia la prassi ecclesiale.
    Inaccettabile la conclusione sul prete-star. Ci saranno pure, ma non è questa la causa della crisi dei parroci. Andate a vedere a cosa sono ridotte le parrocchie e poi vediamo se è un problema di mania di protagonismo.
    Non ci sono pochi preti, ma troppe parrocchie, disseminate ovunque e non più adeguate a rispondere all’esigenza di prossimità che un ascolto attivo richiede.
    Ci sarebbe tanto da fare per migliorare la situazione, ma se prima i preti erano demoralizzati, ora sono rassegnati.

    Risposta
  • 24 Gennaio 2022 in 08:12
    Permalink

    Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa Monsignor Claudio Cipolla, il Vescovo di Padova, visto che nella sua Diocesi almeno sette sacerdoti hanno chiesto di essere ridotti allo stato laicale lo scorso anno e una dozzina circa hanno chiesto un periodo sabbatico. Dovrebbe risultare evidente che qualche problema c’è ma, a quanto risulta, non se ne parla nè se ne prende coscienza e si procede diritti tutti concentrati su un Sinodo che -probabilmente- non ascolta le istanze più vere e urgenti.

    Risposta
  • 27 Gennaio 2022 in 00:21
    Permalink

    Concordo sulla crisi. Vivo una esperienza nel mio quartiere di periferia nel quale, con grande sforzo stiamo per far riaprire all’uso pubblico un centro costruito dall’edilizia residenziale pubblica nel 1960 ed abbandonato da anni. Siamo un’associazione di volontariato laico che ha come riferimento la lettera e lo spirito della costituzione italiana (di diverso orientamento partitico) costituitasi con lo scopo di riaprire il centro che tra poco tempo sarà inaugurato. La parrocchia del quartiere (i cui ambiti coinvidono), parroco in testa (buona cultura e di media età) vedono il Centro Civico come un attacco politico alla parrocchia e per questo, tramite la diocesi ed il volontariato caritas (qui molto potente e sostenuto dalle fondazioni locali), vuole prenderne la gestione trovando la politica locale propensa a delegarla. Un luogo creato nel dopoguerra e nel dopofascismo, come “luogo dell’esercizio delle funzioni democratiche” (così è scritto nelle carte di progetto), rischia di diventare succursale di una parrocchia in storica crisi perché ormai anche la politica cittadina ha completamente delegato alla caritas ogni intervento sociale. Non siamo più in uno stato laico.

    Risposta
  • 11 Agosto 2023 in 12:34
    Permalink

    Ciò a cui non si fa riferimento e costituisce il nodo gordiano che da mille anni inficia l’efficacia della testimonianza del clero (assurdamente preposto alle cose di Dio, separandosi dal suo Popolo), è l’omosessualità pressoché integrale dei suoi membri. Dal libello di San Pier Damiani indirizzato al papa riformatore Leone IX fino alle ricerche sociologiche di Frederic Martel, fini intellettuali hanno riconosciuto nei luoghi in cui un solo sesso può accedere il precipuo ambito di concentrazione di chi cerca affetto (e effusioni sessuali) in relazioni omoerotiche. Con il forte rischio di deriva verso i crimini della pedofilia ed efebofilia (oltre il 70% indirizzata verso adolescenti di sesso maschile nelle indagini tedesca e francese) o violenza sessuale (per carità cominciamo a chiamarla con il suo nome e non come “abuso”. I preti infatti non possono “usare” i laici, così come non possono “abusarne”).
    In principio, Dio ha creato l’uomo e la donna vedendo nel fine ultimo della storia l’amore, non gli ha messo un colletto bianco addosso o un copricapo in testa, ma gli ha donato un partner con il quale vivere i suoi giorni (Ah, gli organi sessuali di Eva e Adamo producevano spermatozoi e ovuli già prima di incontrare il serpente).
    Sogno una chiesa in cui, come nelle origini, ci si trovi nelle case facendo memoria dell’amore con cui Dio ha amato il mondo e affidando lo spezzare del pane a persone anziane, buone, siano esse uomini o donne, LGB o T, celibi, sposate, accompagnate o in ricerca.

    Risposta
  • 12 Agosto 2023 in 11:34
    Permalink

    Preghiamo il padrone della messe perché mandi operai alla sua messe!

    Risposta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Share via
Copy link
Powered by Social Snap