Perché si può ragionevolmente prevedere che il caso Monaco o il Rapporto Sauvé verranno chiamati in causa nell’Assemblea del 2023.
Quale sarà l’ordine del giorno del Sinodo sulla sinodalità?
Se ci basiamo sul Documento preparatorio (e sul Vademecum; cf. Regno-doc. 17,2021,528), si vede come la Segreteria generale abbia steso una serie di temi generali per facilitare la fase d’ascolto della prossima Assemblea, a cui anche la Chiesa italiana si sta infine agganciando. Sono 10 aree: «Compagni di viaggio», «Ascoltare», «Prendere la parola», «Celebrare», «Corresponsabili nella missione», «Dialogare nella Chiesa e nella società», «Con le altre confessioni cristiane», «Autorità e partecipazione», «Discernere e decidere», «Formarsi alla sinodalità».
Tuttavia il relatore generale (colui cioè che con il suo intervento aprirà ufficialmente l’Assemblea), il card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, scelto dal papa nel luglio 2021, in un’ampia intervista a La Croix (20.1.2022), poi richiamata anche in un’altra concessa all’agenzia tedesca KNA (2.2.2022), ha indicato alcuni temi molto specifici, se si vuole – afferma – che il Sinodo sia un evento «aperto» all’azione dello Spirito, in un tempo in cui la Chiesa non può «dare ordini dall’alto».
Dopo lo scandalo
Soprattutto dopo lo scandalo e lo sconcerto derivati dai rapporti della Chiesa francese e tedesca sul fenomeno della pedofilia al suo interno (il prossimo numero di Documenti apre col Rapporto della diocesi di Monaco).
«Quando vediamo le cifre del Rapporto Sauvé – dice Hollerich –, ci rendiamo conto che non è un lapsus di pochi. C’è una sorta di difetto sistemico che deve essere affrontato. Non dobbiamo avere paura delle ferite che questo potrebbe portarci, che non sono assolutamente nulla rispetto a quelle delle vittime». Facile capire perché in tanti «hanno perso la fiducia. Per riconquistarla, se mai sarà possibile, dobbiamo avere una grande umiltà».
«Per questo – prosegue il cardinale – mi sembra chiaro che questi temi saranno nella mente e nel cuore di tutti durante il processo sinodale. Dobbiamo adottare dei cambiamenti».
Quali? Innanzitutto una maggiore «voce in capitolo» di «donne e giovani». «Dobbiamo smettere di comportarci come se le donne fossero un gruppo marginale nella Chiesa. Non sono alla periferia della Chiesa, sono al centro. E se non diamo voce a coloro che sono al centro della Chiesa, abbiamo un problema serio (…) Le donne sono state per troppo tempo ignorate. Dobbiamo ascoltarle, come facciamo con il resto del popolo di Dio. I vescovi devono essere i pastori che ascoltano il loro popolo».
Poi deve cambiare «la formazione del clero (…) Non deve essere incentrata solo sulla liturgia (…) I laici e le donne devono avere voce in capitolo nella formazione dei sacerdoti. Formare i sacerdoti è un dovere per tutta la Chiesa».
La visione della sessualità
Inoltre deve «cambiare il modo in cui guardiamo la sessualità. Finora ne abbiamo avuto una visione piuttosto repressa. Ovviamente, non si tratta di dire alle persone che possono fare qualsiasi cosa o d’abolire la morale», ma «che la sessualità è un dono di Dio. Lo sappiamo, ma lo diciamo? Non sono sicuro. Alcuni attribuiscono l’aumento degli abusi e delle violenze alla rivoluzione sessuale. Penso esattamente il contrario: secondo me, i casi più orribili sono avvenuti prima degli anni Settanta. In questo ambito, i sacerdoti devono anche poter parlare della loro sessualità ed essere ascoltati se hanno difficoltà a vivere il celibato (…) Per quanto riguarda i preti omosessuali, e ce ne sono molti, sarebbe bene che potessero parlarne col proprio vescovo senza che quest’ultimo li condanni».
Infine, la legge del celibato: «Chiediamoci francamente se un prete deve necessariamente essere celibe. Ho un’opinione molto alta del celibato, ma è indispensabile? Ho diaconi sposati nella mia diocesi che esercitano il loro ministero diaconale in modo meraviglioso, che fanno omelie che toccano il cuore delle persone molto più di noi che siamo celibi. Perché non avere anche preti sposati? E poi se un sacerdote non può più vivere questa solitudine, dobbiamo essere in grado di capirlo, non di condannarlo».
Insomma, le ampie piste possono contenere temi specifici e spinosi da cui il relatore generale non pare decisamente spaventato. Ma ora la palla è nel campo delle Chiese locali.

Maria Elisabetta Gandolfi
Caporedattrice Attualità per “Il Regno”