C’è una dimensione poco nota del prossimo Sinodo della Chiesa universale, forse perché non è tanto praticata dalle comunità ecclesiali italiane, se non in alcune zone specifiche dello Stivale: quella ecumenica, non in senso traslato, come generica apertura verso «l’altro», ma come dialogo concreto con membri di altre Chiese sorelle che sono presenti sul nostro territorio.
Lo affermava una lettera congiunta del 28 ottobre 2021, a firma del segretario generale del Sinodo dei vescovi, card. Mario Grech e del prefetto del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, card. Kurt Koch.
In essa si ricordava quanto già affermato nel Vademecum, cioè che «il dialogo tra cristiani di diverse confessioni, uniti da un unico battesimo, occupa un posto speciale nel cammino sinodale» (n. 5.3.7; Regno-doc. 17,2021,577), tanto che esso è uno dei 10 temi scelti per la fase di ascolto nelle Chiese locali.
La lettera chiariva inoltre che i vescovi delegati all’ecumenismo e al dialogo di ciascuna conferenza episcopale sono interpellati per far sì che anche le Chiese sorelle siano coinvolte in questa fase. E forse la necessità di un’apposita segnalazione dice quanto questo non sia, nei fatti, molto praticato, anche al di là del Sinodo.
Gli «altri» cristiani italiani
La presenza di immigrati in Italia – ricordiamo che il primo gruppo nazionale presente nel nostro paese è quello proveniente dalla Romania – ha in parte modificato la percezione del pluralismo religioso come prospettiva attuale e futura, anche se non ovunque si sono intraprese azioni conoscitive sull’appartenenza religiosa di queste persone che rischiano – ne parlava Maurizio Ambrosini sulle pagine della rivista (Regno-att. 10,2018,263) – una sorta di ghettizzazione, anche quando di confessione cattolica.
Vi sono poi delle presenze storiche, come i valdesi in Piemonte, gli evangelici in Sicilia, gli ortodossi disseminati dalla Liguria alla Calabria: e proprio in quest’ultima regione troviamo l’eparchia di Lungro «degli italo-albanesi dell’Italia continentale», in provincia di Cosenza. L’eparchia è in realtà una Chiesa cattolica orientale di rito greco-bizantino, che ha mantenuto forti legami con le Chiese ortodosse.
E tale continuità è stata mantenuta anche per la celebrazione locale del Sinodo, tanto è vero che il vescovo eparchiale, mons. Donato Oliverio, ha scritto in proposito una lettera, l’1 gennaio scorso.
Una lettera dell’eparchia di Lungro
«L’Ufficio per l’ecumenismo dell’eparchia, anche quest’anno, a partire dal mese di gennaio e in modo particolare dalla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani dal 2022, ha approntato una serie di webinar sul Sinodo nella prospettiva ecumenica. In un percorso pensato in sei incontri con cadenza mensile, a partire da gennaio fino a giugno, si vuole offrire ai partecipanti agli incontri un percorso formativo incentrato su sinodo e sinodalità anche in vista del particolare momento sinodale che sta vivendo sia la Chiesa in Italia che la Chiesa intera con il Sinodo dei vescovi».
Anche l’eparchia di Lungro, prosegue la lettera, «è chiamata a vivere e a contribuire in questo cammino. Pertanto, anche per una questione di migliore comprensione e conoscenza del cammino sinodale, invito vivamente tutti alla partecipazione».
Un incontro – informa il SIR – di questo percorso si è tenuto lo scorso 14 febbraio, con la partecipazione del monaco di Bose, nonché membro del gruppo ecumenico di Sant’Ireneo, Adalberto Mainardi, che dopo il saluto di mons. Oliverio è intervenuto su «Il concilio di Mosca del 1917-1918 e il principio di sinodalità nella Chiesa ortodossa russa».
Conoscere è già un primo passo.

Maria Elisabetta Gandolfi
Caporedattrice attualità per “Il Regno”