«Quanto più quanto più una decisione è partecipata, tanto più facilmente appare poi essere recepita. E la storia s’incarica di dimostrare che la sinodalità ha avuto un ruolo costitutivo nella Chiesa per la maggior parte dei suoi due millenni di vita, sia riguardo alle questioni di fede sia riguardo a quelle di costituzione/ordinamento, e ha consentito una partecipazione del popolo di Dio al governo della Chiesa, che oggi dev’essere recuperata, coniugata al presente e al futuro». Con queste parole presentavamo, su Il Regno-Attualità n. 7 del 2015, un contributo, tuttora attualissimo, del prof. J. O’Malley: «I sinodi, la loro storia e la Chiesa oggi. Ritorno alla sinodalità», all’interno dello studio del mese «La verità ai voti? Conciliarità e democrazia nella Chiesa» .
Il prof. John W. O’Malley, gesuita, tra i maggiori storici della Chiesa, è morto a Baltimora domenica 11 settembre, all’età d 95 anni. Onorati per averlo annoverato tra i nostri autori, lo ricordiamo qui riportando la parte conclusiva del testo del 2015 cui ci siamo riferiti in apertura (G.Mc.).
Stile di governo dall’alto
All’inizio del XX secolo il governo della Chiesa sia nella teoria sia nella pratica aveva raggiunto una centralizzazione e uno stile di governo dall’alto mai vissuto nella storia precedente della Chiesa. In modi troppo numerosi per essere raccontati qui, il Concilio direttamente e indirettamente ha provato, pur affermando la struttura gerarchica della Chiesa, ad attenuare questa situazione. Nei decenni successivi al Concilio quello slancio si è indebolito fino al punto da perdere quasi tutta la sua forza.
Le azioni di papa Francesco sembrano indicare che egli intende rivitalizzare l’impulso del Concilio. Tra le sue più significative azioni in tal senso è sicuramente l’aver nominato 8 (ora 9) cardinali per lavorare con lui sulla riforma della curia e altre questioni vitali. Un’altra è la sua sollecitazione ai partecipanti del Sinodo a esprimere le proprie opinioni con franchezza e senza timore. Ma forse più sorprendente e senza precedenti è la sua indicazione a sottoporre un questionario ai laici perché indicassero le loro posizioni riguardo le questioni da trattare nel Sinodo. A mia conoscenza, nulla di tutto ciò è mai accaduto prima nella storia della Chiesa. È una forma inedita di partecipazione.
Un segnale dal Vaticano II
Tuttavia, se guardiamo da vicino la storia della Chiesa vediamo più chiaramente come era diventata restrittiva la partecipazione al tempo del Concilio Vaticano II. L’antica pratica dell’elezione dei vescovi da parte del clero e dei fedeli emerge in forte contrasto con tale situazione. Sebbene quella pratica avesse portato a una serie di problemi e abusi, il principio che il popolo dovesse avere voce in capitolo nel processo era ancora vivo al Concilio di Trento, dove il card. Charles de Guise ne propose una versione aggiornata. La sua proposta incontrò obiezioni di natura più pratica che teologica, ma è significativo il fatto stesso che lui, leader della piccola ma influente e rispettata delegazione francese, non abbia esitato a fare questa proposta.
Anche una conoscenza superficiale della storia della Chiesa chiarisce che la partecipazione ai concili/sinodi era tradizionalmente più ampia rispetto al recente passato. Quando ho definito i concili/sinodi come incontri «principalmente» di vescovi, alludevo a questa realtà. In quasi tutti i concili ecumenici i vescovi sono stati il maggior numero dei partecipanti con il diritto di voto, ma il Vaticano I è stato il primo concilio ecumenico della storia in cui i laici non hanno avuto un ruolo importante. Al Concilio Vaticano II la partecipazione di alcuni laici, donne e uomini, è stata salutata come un’innovazione benvenuta, ma rispetto al passato è stato un esile segnale.
I concili del passato
Sette dei primi concili ecumenici sono stati convocati dall’imperatore romano e l’ottavo dall’imperatrice Irene. In generale queste figure imponenti permettevano ai vescovi libertà di dibattito e di decisione finale, ma questo non significa che non rendessero noti i loro desideri sulla direzione che volevano il concilio prendesse. È stato principalmente per la pressione da parte dell’imperatore Carlo V, per esempio, che il Concilio di Trento non ha affrontato solo questioni dottrinali, ma anche la riforma della Chiesa.
In Occidente il IV Concilio Lateranense indetto da papa Innocenzo III, che si è riunito a Roma nel 1215, è ancora più impressionante. Intendendo il concilio rappresentare tutta la cristianità, il papa aveva invitato i leader di ogni entità importante. Ad assistere al concilio vi erano circa 400 vescovi, ma anche circa 800 abati e priori di monasteri, inviati del Sacro romano impero, dei re di Francia, Ungheria, Gerusalemme, Cipro e Inghilterra. I conti di Tolosa, Foix, Bearn, e Comminges erano andati di persona con i loro vassalli.
Se Francesco parla di sinodalità
Ho condotto questa rilettura di alcuni aspetti della storia della Chiesa per aiutarci a chiarire dove siamo oggi. La rilettura ha messo in evidenza che la costituzione gerarchica della Chiesa non ha precluso la partecipazione anche dei laici nel governo della Chiesa. La partecipazione in forma di concili/sinodi fino a poco tempo fa è stata la caratteristica del funzionamento della Chiesa.
La rilettura ha mostrato che l’emergere della democrazia ha contribuito a catalizzare nel Concilio Vaticano II il desiderio di compiere una ripresa di partecipazione e collegialità in quasi ogni aspetto della vita della Chiesa. Papa Francesco sta riprendendo in mano quanto avviato dal Concilio, e sembra avere come obiettivo di renderlo nuovamente operativo. Sto dicendo che dietro l’uso, da parte di papa Francesco, di parole dal suono innocente come sinodalità potrebbe nascondersi qualcosa d’importante.

John W. O’Malley
Teologo