«Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore». È partita da queste parole del libro del Deuteronomio la meditazione con la quale Ester Abbattista, teologa biblica, ha aperto l’incontro che Il Regno ha organizzato a Camaldoli su «La coscienza e il potere».
Il valore politico del pane
Alla domanda «e se la parola diventa pane?» Abbattista ha risposto – portando a testimoni molti luoghi dell’Antico Testamento – che «la vita non dipende solo da un bisogno materiale, ma dall’esigenza di avere un progetto, un itinerario, una sorgente». Nel Nuovo Testamento questa visione torna nell’insegnamento di Gesù: tanto nell’episodio delle tentazioni nel deserto, quando il Signore risponde al «tentatore» – che pretende di separare pane e parola – proprio citando le parole del Deuteronomio. Quando poi esercita il «ministero del pane», ha aggiunto Abbattista riferendosi alle due «moltiplicazioni» avvenute nel mare di Galilea, Gesù si mostra consapevole del valore «politico» del pane, e del potere che viene riconosciuto a chi soddisfa questo bisogno; ma propone in alternativa «un itinerario di coscienza per trasformare il potere in pane».
C’è bisogno di una parola…
Del resto, ha concluso Abbattista, «la gente è attratta da Gesù non per ricevere del pane, ma per ascoltare la sua parola». E ben sappiamo quanto, oggi ci sia bisogno di ascoltare una parola molto più che di ricevere un assegno di sussistenza. C’è bisogno «di una parola biblica nel senso scoperto stasera: che esce dalla bocca di Dio e che è un fatto, un evento, un itinerario, un progetto, una sostanza, un cambiamento».

Guido Mocellin
Giornalista