Da Camaldoli, Gabriella Zucchi e Daniela Sala

 

Nel pomeriggio del 30 settembre è Sergio Givone ad aprire la III sessione dell’Incontro che Il Regno ha organizzato a Camaldoli su «La coscienza e il potere». Il tema a lui affidato è «La libertà è insopportabile? Riflessioni a partire da F.M. Dostoevskij», per una riflessione sul rapporto che c’è tra la libertà e Dio, a partire dalla Leggenda del Grande Inquisitore, racconto che Dostoevskij attribuisce al suo personaggio Ivan Karamazov.

 

Il Grande Inquisitore

La soluzione del Grande Inquisitore di fronte al rapporto conflittuale tra la libertà e la felicità è quella di organizzare la vita ai suoi concittadini di Siviglia, soddisfacendo i loro bisogni primari, ma facendoli rinunciare alla tormentosa libertà. Il Grande Inquisitore – spiega Givone – sta creando lo stato d’eccezione, la società eudaimonistica. Del resto, per salvare l’uomo dalla contraddizione, questa gli pare l’unica via.

Già i greci sapevano che i rapporti tra felicità e libertà sono problematici. Platone risolve il problema ritenendo che non ci sia migliore felicità che quella di chi è in pace con se stesso. Se ciascuno avesse prestato ascolto alla voce dei propri demoni, alle proprie inclinazioni, si sarebbe creata la società felice, in un’armonia prestabilita. La libertà viene a così a coincidere con l’assenso alla propria vocazione.

Rispetto a questa posizione Aristotele ha dei dubbi. Per lui lo scopo della vita è contemplare la realtà, la libertà di ricercare, di darsi degli scopi, dei fini: questa è piena eudaimonia. L’otium, diranno i latini. Ma tale meravigliosa armonia è disponibile solo per pochi, a scapito di tutti gli altri, che dovranno accontentarsi di essere schiavi.

A scompaginare le carte interviene però il cristianesimo: qualcuno è venuto a dire che tutti siamo figli dello stesso Padre, abbiamo tutti lo stesso diritto alla felicità, a darci liberamente il tipo di felicità che ciascuno vuole darsi.

 

L’inferno nel cuore

È importante guardare alla Leggenda del Grande Inquisitore tenendo conto di ciò che sta prima e di quel che sta dopo. Ivan Karamazov propone il racconto al fratello Alioscia in una trattoria. Di che cosa stavano parlando i due? Di Dio che non può esistere. Ivan in Dio vede il Cristo, ma i conti non gli tornano: com’è possibile che sui giornali si parli di una bambina seviziata dai genitori, di un bimbo dilaniato dai cani di un possidente… che senso ha parlare di Dio in un mondo di questo tipo?

Qui si inserisce la leggenda. La risposta di Alioscia non confuta gli argomenti ateistici del fratello: «la verità, Ivan, è che tu hai l’inferno nel cuore», gli dirà.

Che cosa si può avere, se non l’inferno nel cuore, in un mondo in cui succede quel che succede? Alioscia aggiunge «Tu, come il tuo Grande Inquisitore, non credete a Dio e neanche sapete chi sia, neanche potete immaginare che Dio sia la libertà in origine».

C’è, nell’evocazione di Alioscia, una disposizione a riconoscere escatologicamente come, nonostante tutto, l’essere stesso è investito di senso. C’è un sì detto in origine, ed è questa la risposta che Alioscia dà a suo fratello Ivan.

Solo così – spiega Givone –ogni punto di morte e di sofferenza trova il suo perdono, la sua accettazione. È pensabile questo? Evidentemente no. E tuttavia sì, dice Alioscia, a patto di pensare Dio non come quello che alla fine mette tutto a posto, ma come quello che dice sì all’essere.

Non è che l’ingiustizia diventi giustizia: la vita offesa è destinata a restare invendicata. Si prospetta qui un’altra logica: quella di un Dio libertà. Non esiste il bene in sé, il bene è sempre soltanto la vittoria nei confronti del male, è il positivo che si impone sul negativo. E il bene, per quanto non faccia rumore, anche se ridotto a un moto del cuore, è sempre infinitamente di più del male, per rumoroso che questo sia. Anche un poco di bene, di fronte al male è infinitamente di più e degno di essere accolto.

Se hai l’inferno nel cuore, lì resti. L’alternativa, difficilissima, è l’altra: è l’imitazione di Cristo, che non è giustificare il male, ma prenderlo su di sé. Il bene si fa attraverso la libertà, non c’è altro modo.

 

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