Da Camaldoli, Guido Mocellin e Daniela Sala
La V sessione dell’incontro di Camaldoli su «La coscienza e il potere», sabato 1° ottobre, si è conclusa dando la parola a Luciano Violante. La sua lucida riflessione su «Legge dello stato e legge del cuore. La follia di Antigone» si è articolata intorno a una lettura della tragedia di Sofocle, e in particolare delle due figure di Antigone e di Creonte, molto più complessa rispetto alla lineare assunzione di Antigone come metafora del conflitto tra il diritto nobile e vigoroso del singolo e il potere cieco e violento dello Stato. Eccone le conclusioni, riferite a come gli ordinamenti moderni cercano di regolare il conflitto che sta al centro della tragedia di Antigone
Un principio contrapposto ma compatibile
Gli ordinamenti moderni cercano di regolare in quattro distinti modi il conflitto tra l’obbedienza alla legge e il superamento della legge in nome di un principio asseritamente superiore.
La prima strada è costituita dal prudente riconoscimento della obiezione di coscienza, che riguarda la non vincolatività della legge nei confronti del singolo che si trincera dietro un principio morale contrapposto a quello che sostiene la legge, ma dalla stessa legge riconosciuto come compatibile. In Italia è riconosciuta nei confronti dell’interruzione volontaria della gravidanza. Ha un valore individuale e non deve essere esercitata in modo da mettere in crisi l’applicazione generale della legge.
Un giudice terzo
L’eccezione di costituzionalità è la seconda strada. Gli ordinamenti democratici fissano nelle proprie costituzioni i principi di fondo cui devono ispirarsi le leggi che regolano la vita della comunità nazionale. Se una legge sembra contravvenire a questi principi è possibile ricorrere a un giudice terzo, la Corte costituzionale, che stabilirà se quella legge è valida o, invece, se viola un principio costituzionale e quindi, in tal caso, se debba essere emendata o cancellata dall’ordinamento. È questo un modo per sanzionare gli abusi o i ritardi delle maggioranze parlamentari rispetto alle evoluzioni sociali e per adeguare le leggi ai principi riconosciuti in ciascun paese come fondamentali. È la conferma che il progresso civile di un paese non può prescindere dalla consapevolezza della transitorietà delle leggi e dall’attento esame delle critiche alla loro capacità di rispondere ai principi fondamentali dell’ordinamento e alle esigenze della società.
La negoziazione
Una terza via, è la negoziazione. Un caso classico fu costituito dalla legge sul divorzio. La parte prevalente del mondo cattolico appariva contrario, soprattutto nelle gerarchie religiose. Il mondo laico e un’altra parte del mondo cattolico, i cosiddetti cattolici democratici, erano favorevoli. Poiché, nel mondo parlamentare, in quel tempo, prevaleva il principio del conseguire l’obbiettivo non dell’umiliare l’avversario, si decise di approvare prima la legge che permetteva il referendum abrogativo e poi la legge che introduceva il divorzio. Così fu fatto e l’Italia ebbe il divorzio. Una quarta via, pragmatica, è la trattativa con i dissenzienti al fine di trovare una via d’uscita consensuale che prevenga il conflitto o lo chiuda senza costi eccessivi per le parti e comunque con un utile generale.
Perché la tragedia non si compia
È bene comunque non attivare conflitti che non si sia in grado di risolvere e gestire il conflitto per portarlo ad una soluzione e non al suo aggravamento Tra il governante e il cittadino è il governante che deve adoperarsi per risolvere il conflitto evitando di porlo in termini non negoziabili. Il conflitto tra Antigone e Creonte, proprio perché posto tra due assoluti, può essere mortale per entrambi. Creonte non se ne avvede e non costruisce una via d’uscita al di là della imposizione o della resa.
Uno dei due protagonisti è perciò di troppo. E la tragedia si compie».
