Alcune reazioni a una delle questioni più urgenti e spinosa per la Chiesa: la parte maggioritaria dei suoi membri è formata da donne, che tuttavia non hanno che scarsi ruoli di leadership al suo interno.
Donne poco ascoltate
Come abbiamo rilevato leggendo il Documento per la tappa continentale del Sinodo 2021-2024, tra le categorie che il popolo di Dio definisce come poco ascoltate vi è quella delle donne, a cui vengono dedicati i nn. 60-65. Si parla poi esplicitamente al n. 51 della richiesta, avanzata da alcuni gruppi, del sacerdozio e del diaconato femminile. Su questo specifico punto, è interessante segnalare alcune reazioni.
L’associazione Donne per la Chiesa ha indicato con favore la richiesta del Documento che alle donne sia reso possibile «partecipare alla vita della Chiesa in pienezza», «ben sapendo che però parole simili erano emerse anche dei documenti finali dei Sinodi sui giovani e sulla regione panamazzonica». Evidentemente «da allora ben poco è stato concretamente fatto, dal momento che certamente l’apertura di lettorato e accolitato alle donne non sono passi sufficienti».
Governano gli uomini
Il gruppo afferma che «si tratta semplicemente di riconoscerne l’uguaglianza e di comprendere, finalmente, che il mancato riconoscimento dell’autorità delle donne mette in crisi l’intera autorevolezza della Chiesa».
Riconoscere cioè che «alcune autorità ecclesiastiche non accettano pienamente l’accesso delle donne a ruoli di leadership» o che viviamo nella contraddizione di una «Chiesa governata da uomini» in cui le donne «costituiscono la grande maggioranza» – e queste sono le parole del documento dell’Assemblea ecclesiale latinoamericana, reso noto 24 ore dopo il Documento della tappa continentale –. Si ripropone inoltre per questo – come per altri temi – l’interrogativo su quale sia il peso specifico della «Chiesa [quale?] che ha parlato» nella fase d’ascolto e tramite quali forme di consenso sinodale si possa arrivare a dare una risposta.
Se la Chiesa ha parlato
Lo rileva Kate McElwee, esponente del gruppo Women’s Ordination Conference: papa Francesco nella conferenza stampa di ritorno da Rio de Janeiro (2013) disse: «Con riferimento all’ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e dice: “No”»; ma oggi «la Chiesa ha parlato» e se si rileva che le risposte sul tema dell’ordinazione sono contrastanti, si può anche dire che si è preso atto che per un’ampia fetta di popolo di Dio questa è una discriminazione inaccettabile.
In particolare tra i giovani, ha incalzato il card. Jean-Claude Hollerich (che sarà relatore generale al Sinodo del 2023) nella lunga intervista rilasciata a L’Osservatore romano il 24 ottobre scorso.
Si sa che non si tratta di un processo lineare, rileva sempre la McElwee: da un lato «ci chiamano i vescovi – ha scritto – per ascoltare il nostro punto di vista»; dall’altro la polizia italiana «ci ha tenute in fermo per 4 ore perché con i nostri ombrellini colorati (con scritte del tipo “Ordain women”, “Sexism is a cardinal sin”, “Reform means women”) manifestavamo davanti al varco della Sala Nervi», il 29 agosto scorso, mentre i cardinali entravano per il concistoro convocato da Francesco.
Serve uno sguardo diverso
In effetti, come scrive Simona Segoloni, vicepresidente del Coordinamento teologhe italiane (nel blog Il regno delle donne e anche qui su Re-blog), parlando in particolare del testo italiano che ci accompagnerà in questo secondo anno dedicato all’ascolto – I cantieri di Betania –, «forse ci serve ancora uno sguardo diverso, capace di uscire dallo scontato, di riconoscere ciò che manca senza scuse e di collocarsi fuori campo. Forse ci serve più coraggio. Forse davvero dobbiamo riprendere l’ascolto, ma chiamando per nome ciò che non riusciamo a fare e su cui vogliamo decidere come cambiare: provando a decidere insieme su che cosa e perché vogliamo cambiare. Perché quando si cammina, bisogna pure fare qualche passo».

Maria Elisabetta Gandolfi
Caporedattrice Attualità per “Il Regno”
Mi piacerebbe che fosse approfondito cosa vuol dire collocarsi fuori campo. Grazie.