Dopo aver dato ampio conto delle polemiche attorno al caso tedesco, dopo aver parlato delle iniziative che il livello centrale della Segreteria del Sinodo propone, è bene anche guardare a qualche periferia e trovare qualche frutto sinodale interessante.
Naturalmente è certo che ve ne sono molti altri, solo che, per molti motivi, non raggiungono il livello della notiziabilità. Così, spulciando tra le news, ho selezionato tre casi di altrettanti luoghi molto distanti geograficamente e culturalmente tra loro.
Vedi alla voce Amazzonia
Il primo riguarda l’Amazzonia e in particolare la nascita del terzo organismo ecclesiale-sinodale (in tutti e tre, infatti, sono coinvolte larghe fette del «popolo di Dio» e non solo preti e vescovi). Il primo, la Rete ecclesiale panamazzonica (REPAM), è quella che ha dato il «la» al Sinodo sull’Amazzonia, tra l’altro con alcune richieste – diaconato femminile e clero uxorato – su cui il papa ha però deciso di non procedere.
Quel Sinodo, tuttavia, aveva legato intimamente le questioni ecclesiali a quelle ambientali, proprio per le specificità dell’ambiente in cui le popolazioni vivono, che è risorsa fragile e sfruttata, fonte di sostentamento ma anche di gravi ingiustizie. Tanto è vero che le uccisioni di attivisti ambientali anche animatori di comunità di credenti sono proseguite a un ritmo preoccupante.
Così è poi sorta la Rete ecclesiale ecologica mesoamericana e messicana (REMAM) in America centrale e ora (esattamente il 28 e il 29 novembre) la Rete ecclesiale del Gran Chaco e Acuífero Guaraní (REGCHAG), che riguarda il Sudamerica.
Essa mette al centro della propria azione (cf. SIR 29.11.2022), «nell’apertura e dialogo con le popolazioni originarie, la custodia del creato e la promozione dell’ecologia integrale» come ambiti sia ecclesiali sia civili su cui le comunità vengono coinvolte. E l’uno e l’altro aspetto non possono essere divisi.
È da questa lunga tradizione ecclesiale che evidentemente papa Bergoglio trae ispirazione: quindi merita doppiamente di essere seguita.
Il caso Polonia
Al lato opposto, non solo geografico, c’è la Polonia, di cui tante volte s’è scritto a motivo del fatto che, come altri paesi dell’Est Europa, per colpa della repressione dei regimi comunisti tra la fine della Seconda guerra mondiale e la caduta del Muro, non ha potuto conoscere, se non da un lontano riflesso, i fermenti provenienti dal concilio Vaticano II e soprattutto la sua fase «applicativa».
Per questo il Sinodo può essere una via concreta di recupero di alcune di quelle istanze 60 anni dopo, nella pressante urgenza di una vita ecclesiale che si sente assediata da una secolarizzazione rampante e dall’assenza di un’elaborazione adeguata sul fronte teologico, che non sia solo sognare un passato perduto.
Grazie a Religion digital (22.11.2022) oggi sappiamo che esiste un Congresso dei cattolici e delle cattoliche polacchi nato negli stessi tempi dell’indizione del Sinodo sulla sinodalità (autunno 2020).
Come scrive Bárbara Radziminska, coordinatrice del Congresso, si tratta di un’iniziativa «di laici e chierici a livello nazionale che insieme cercano risposte positive alla questione del futuro della Chiesa cattolica in Polonia. È un forum per lo scambio di idee e una piattaforma per un’azione congiunta in vista delle riforme necessarie a una Chiesa in profonda crisi, in una realtà sociale in continuo cambiamento».
Grazie al lavoro di 12 gruppi tematici, sono stati preparati sinora 9 rapporti che hanno riguardato, tra gli altri, questi temi: il funzionamento delle parrocchie, la posizione della Chiesa nei confronti della violenza contro le donne, quella nei confronti della comunità LGBT e le relazioni tra Chiesa e stato.
Un secondo aspetto che ha molto coinvolto il Congresso è stato la guerra in Ucraina: «Abbiamo anche co-organizzato – afferma Radziminska – l’iniziativa di “Preghiera senza frontiere” per la situazione dei rifugiati al confine tra Polonia e Bielorussia e abbiamo partecipato come volontari e fornendo aiuti all’Ucraina devastata dalla guerra».
Un Forum e dieci proposte
Per quanto riguarda il Sinodo, molti «congressisti» sono stati coordinatori parrocchiali nella fase d’ascolto. Molti «si sono recati in molte parrocchie dove “non succedeva nulla”, e hanno parlato con i parroci, incoraggiato la partecipazione al Sinodo e offerto il proprio aiuto. Hanno anche partecipato attivamente alle riunioni sinodali a livello diocesano, laddove si sono svolte. Alcuni sono stati membri delle équipe sinodali diocesane incaricate di organizzare il Sinodo o di redigere la sintesi finale.
Il Congresso ha «anche organizzato una serie di incontri di consultazione in diverse diocesi, in particolare con persone in crisi, senza fissa dimora (…) con i rifugiati, con le madri single e con i genitori di persone autistiche. Hanno ascoltato (…) le esperienze e i punti di vista delle persone LGBT+, e anche le persone che sono state ferite in vari modi da persone nella Chiesa e le esperienze di coloro che per vari motivi hanno già lasciato la Chiesa».
Infine, tra il 22 e il 23 ottobre scorso il Congresso ha organizzato un Forum intitolato «Presenti nella Chiesa» a cui ha preso parte anche il teologo laico venezuelano Rafael Luciani, che ha tenuto una prolusione.
Dalle due giornate sono scaturite 10 proposte che riguardano l’insegnamento della Chiesa e alcune disposizioni del Codice di diritto canonico. Lì si chiede la creazione di una commissione indipendente che indaghi sugli archivi della Chiesa per gli abusi sessuali e i reati commessi dal clero e dalle persone consacrate. Si auspica poi la nomina di un mediatore indipendente per i diritti dei laici nella Chiesa, uno studio sul ministero delle donne e di ascoltare e coinvolgere i gruppi LGBT+.
«La nostra proposta – conclude la coordinatrice – s’ispira alla necessità di conversione personale ed ecclesiale di tutti i membri della Chiesa in Polonia».
Per finire, in Arkansas
Come è avvenuto un po’ dovunque, non tutti hanno lavorato al medesimo livello d’intensità nella «fase dell’ascolto» dello scorso anno; e la sfida di quest’anno è ancora più stretta nei tempi, perché ciò che in diocesi emergerà dalla lettura del Documento per la tappa continentale dovrebbe confluire a livello nazionale in tempo per essere portato alle assemblee continentali che sono in calendario per febbraio 2023.
Non si è perso d’animo mons. Anthony Taylor, vescovo di Little Rock (USA), che il 1o dicembre ha inviato ai propri fedeli una Risposta postsinodale.
Come sintetizza Crux (6.12.2022), il vescovo ha considerato il proprio documento alla stregua di un’esortazione apostolica: «Le esortazioni – scrive Taylor – si concentrano sul futuro, su ciò che deve ancora essere fatto».
Inoltre, solo il 43% delle parrocchia ha partecipato nella fase precedente e l’occasione dell’esortazione del vescovo è di poter coinvolgere anche il restante 57% in ciò che a livello mondiale la riflessione sinodale ha fatto emergere.
Vi sono 11 temi principali emersi da questo processo, in linea anche con i feedback ricevuti dalle diocesi a livello nazionale e che sono divisi nelle tre aree proposte dal Sinodo della Chiesa universale: comunione, partecipazione e missione.
La fase continentale, un’altra occasione
I temi sono: comunità/collaborazione; formazione alla fede dei giovani e dei giovani adulti; desiderio di un insegnamento della fede nelle omelie; necessità di gruppi di sostegno cattolici; necessità di sacerdoti presenti, responsabili, trasparenti, che ispirino fiducia e comunicativi; il rischio che la Chiesa sia politicamente schierata; rigidità della legge della Chiesa, specialmente per quanto riguarda divorzio e nullità matrimoniale; giudizio vs amore; questione LGBTQ; senso d’abbandono delle parrocchie rurali; ruolo delle donne.
Il Consiglio presbiterale della diocesi di Little Rock discuterà gli 11 temi «uno a uno» nelle riunioni mensili che si terranno il prossimo anno, mentre il Consiglio pastorale diocesano discuterà questi temi nelle riunioni trimestrali.
«Ho prodotto questo documento per darvi un’idea delle questioni che sono emerse in questo processo sinodale in Arkansas e per chiedere il vostro impegno nel contribuire ad affrontare questi temi a livello parrocchiale» – ha detto Taylor –. E poi ha aggiunto che la sua speranza per questo processo permanente è che «la nostra Chiesa locale diventi più sinodale in tutto ciò che facciamo».
Insomma, se lo si vorrà anche questa fase, tempistica a parte, è un’occasione per far fare alle Chiese locali, ovunque esse siano, un passo avanti nel percorso verso la sinodalità. E al Sinodo universale concedere un tempo di decantazione e raccordo in vista della discussione che inizierà a Roma nell’ottobre 2023.
Nel frattempo, l’importante è non stare fermi. O non fingere che niente si muova.

Maria Elisabetta Gandolfi
Caporedattrice attualità per “Il Regno”