Il 25 gennaio le Chiese cattoliche di tradizione latina festeggiano la «Conversione di san Paolo», cioè il momento, narrato negli Atti degli apostoli dallo stesso Paolo, in cui da persecutore degli appartenenti alla «Via» (cf. At 9,2) diventa egli stesso seguace di Cristo.
Recentemente però il Segretariato attività ecumeniche (SAE), storica associazione ecumenica italiana, ha osservato che «l’espressione “conversione di san Paolo” risulta impropria in base alla testimonianza di Paolo stesso», e anzi «può ingenerare l’errata convinzione che Paolo si sia convertito in quanto ha cessato di essere ebreo per diventare cristiano. Non è così; in seguito a una chiamata, che ricorda quella dei profeti (specie Geremia), Paolo è diventato infatti non già un cristiano bensì un ebreo credente in Gesù Cristo».
Una petizione del SAE
C’è di più: «La parola “conversione”, facilmente fraintendibile, può indurre ad auspicare una forma di proselitismo nei confronti degli ebrei; prassi un tempo tenacemente perseguita con metodi quasi sempre riprovevoli, ma oggi apertamente e ufficialmente respinta: “La Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei”».
A partire da queste considerazioni l’Assemblea ordinaria del Segretariato attività ecumeniche (SAE), nella seduta svoltasi presso i locali della Facoltà avventista di teologia a Firenze il 24 aprile 2022, ha pubblicato una petizione, che è pubblicata anche su Il Regno – documenti e si può ancora firmare sul sito del SAE – chiedendo al Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti di «modificare ufficialmente la denominazione “Festa della conversione di san Paolo” in “Festa della vocazione di san Paolo”».

Daniela Sala
Caporedattrice Documenti per “Il Regno”
Io farei: “festa dell’adesione a Cristo di San Paolo”, dove al centro sta il Signore che gli si è apparso e la risposta totale di Saulo