Mentre è in corso il viaggio del papa in Repubblica democratica del Congo (31 gennaio – 3 febbraio) e in Sud Sudan (3 – 5 febbraio), v’invitiamo a leggere l’articolo che Giusy Baioni ha pubblicato, alla vigilia dell’evento, sul numero 2 del Regno-attualità

Congo: «caos controllato»

Innanzitutto perché si tratta di due paesi molto diversi tra loro, per quanto accomunati da una perdurante situazione d’instabilità. In Congo, infatti, soprattutto nella zona orientale, ricca di risorse naturali e terre rare, le milizie M23 situate attorno alla città di Goma – cosa che ha reso impossibile al papa recarsi là, come inizialmente preventivato – tengono in scacco la popolazione e agiscono all’ombra di molti interessi tra Congo, Ruanda e Uganda.

È il territorio nel quale hanno perso la vita nel 2021 l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, assieme a Vittorio Iacovacci (carabiniere) e Mustapha Milambo (autista del Programma alimentare mondiale; ne abbiamo parlato qui).

E nonostante la delusione palpabile di chi vive nella continua incertezza della regione – come racconta nell’articolo il saveriano padre Francesco Bordignon – che sembra destinata a una sorta di «caos controllato», che garantirebbe la continua prosecuzione dei traffici illeciti nella regione, il papa, come abbiamo visto nei discorsi sin qui pronunciati e nell’accoglienza di una rappresentanza di vittime delle violenze della regione, ha lanciato appelli forti contro gli occhi chiusi della comunità internazionale di fronte alle sorti della regione, le cui materie prime arrivano nelle nostre case, sotto forma di batterie per cellulari e PC, componenti elettronici di vario genere, preziosi.

 

Sud Sudan: paese diviso

Il secondo motivo d’interesse è dato – spostandoci di un migliaio di chilometri verso nord – dal dialogo ecumenico che in Sud Sudan ha avuto un precedente particolarmente emblematico.

Francesco viaggerà qui, infatti, assieme a Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e primate anglicano, e a Iain Grenshields, moderatore dell’Assemblea generale della presbiteriana Chiesa di Scozia.

La tappa riprende il filo del discorso iniziato nel 2019 (ne abbiamo scritto qui) in Vaticano, quando il papa aderì con entusiasmo alla proposta di un ritiro spirituale congiunto, tenuto a Casa Santa Marta, «due giorni di grazia» per «invocare e ricevere» la pace nel giovane paese, ideato da Justin Welby e dall’allora moderatore della Chiesa di Scozia rev. John Chalmers.

Un evento che tutti ricordano per il «fuori-programma» del papa che si mise in ginocchio e, implorando il presidente Salva Kiir Mayardit e i vicepresidenti designati, tra cui Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabio, di mantenere la pace nel paese, baciò loro i piedi.

Ma il giovane paese è diviso, come le Chiese, anche al loro interno. Come dichiara nell’articolo mons. Christian Carlassare, vescovo comboniano di Rumbek, occorre una «Chiesa aperta e non chiusa nel proprio ovile», che non si lascia «conquistare dalle logiche di potere e prestigio che sono del mondo. Mi aspetto un rinnovamento vero e profondo», conclude.

E lui sa di che cosa parla, visto che nel 2021, appena arrivato, in attesa dell’ordinazione episcopale, subì un attacco da 4 persone, tra i quali – poi ha chiarito un processo – un sacerdote coordinatore dell’attività pastorale della diocesi da 9 anni…

 

Il viaggio necessario

Dopo il rinvio dello scorso anno, dovuto ai problemi al ginocchio, papa Francesco ha caparbiamente voluto trovare un’altra data per il viaggio… CONTINUA A LEGGERE

Giusy Baioni

Giornalista

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