Guardare la guerra dall’Africa
Noto oggi alle cronache come «Sahelistan», il gruppo di paesi africani della fascia geografica a sud del Sahara viene da sempre percepito come una minaccia: politica, migratoria, climatica.
«Il Sahel impone all’attenzione internazionale un’immagine dell’Africa come spazio di crisi, che legittima un intervento volontaristico per sopperire alle incurabili deficienze delle deboli istituzioni locali». Lo scrivono Edoardo Baldaro e Luca Raineri, che curano un volume collettaneo di giovani ricercatori su Jihad in Africa. Terrorismo e controterrorismo nel Sahel, edito dal Mulino.
Ancor più oggi, mentre stiamo assistendo al proliferare della galassia jihadista legata ad Al Qaeda e allo Stato islamico. Inserita in contraddizioni e stratificazioni storico-politiche che affondano nella notte dei tempi, essa si è sviluppata e diffusa lungo linee di frattura che sono state prima sfruttate, poi paternalisticamente pilotate e infine abbandonate dalle potenze coloniali, ex coloniali e neo-coloniali in Burkina Faso, Ciad, Niger, Nigeria…
Una lettura che proponiamo sull’ultimo numero della rivista, perché mentre da un lato guardiamo con giusta apprensione al conflitto in Ucraina, non dimentichiamo altri scacchieri non meno decisivi per la supremazia economico-politica nel mondo: Cina, Russia e Turchia, infatti, hanno ormai sostituito e da tempo Inghilterra, Francia e Stati Uniti in queste zone del mondo.
Miss Biblicum
«È imprevedibile ed estrosa. Chi ha la fortuna di frequentarla sa che deve aspettarsi di tutto. La sua vicenda umana è complessa. Ha dovuto conquistare tutto a caro prezzo. Ciò giustifica la sua parresia disarmante, talora persino imbarazzante. Ma non si può non volerle bene. Si resta poi sedotti dal suo caparbio e viscerale amore per la Scrittura». Così la teologa Cettina Militello tratteggiava Maria-Luisa Rigato, biblista teologa, la «gigante» dell’omonima rubrica dell’ultimo numero, presentata da Marinella Perroni.
La sua caparbia volontà d’entrare come prima donna nel sancta sanctorum degli studi biblici, il Pontificio istituto biblico, venne premiata nel 1965. Fu legata da profonda amicizia al card. C.M. Martini, a cui la univa l’amore per la Parola e l’acribia per gli studi esegetici, convinta che un’errata interpretazione di tanti passi biblici avesse «condizionato la storia della Chiesa nel suo insieme».
Il profilo della Rigato è il sesto che nella rubrica «Sulle spalle di giganti» – aperta nel 2020 – presenta profili di donne. L’hanno preceduta quello su Anna Maria Canopi (a firma di Mariella Carpinello), Tina Anselmi (a firma di Rosy Bindi), Maria Eletta Martini (a firma di Daniela Mazzuconi), Adriana Zarri (a firma di Mariangela Maraviglia) e Maria Vingiani (a firma di Adelina Bartolomei).
Dal nostro scaffale
Come d’aria (Elliot, Roma 2023) «è prima di tutto un libro sui corpi. Il corpo di Daria, affetta dalla nascita da oloprosencefalia (…) incapace di parlare, incapace di vedere» – scrive Luca Miele –. E il corpo di sua madre, ballerina e studiosa di danza, che «all’improvviso si trova a dover fronteggiare l’invasione della malattia», un cancro. Da «compagno fidato, forgiato dallo studio e dalla disciplina (…) ora è diventato ingombro da auscultare, da guardare con sospetto». Poi Daria scopre che la «comunicazione continua a passare attraverso il corpo, anche se malato. Anzi oso dire in virtù del suo essere malato», scrive l’autrice, che è stata candidata al Premio Strega 2023.
Nell’anno del centenario di Pier Paolo Pasolini (2022), lo studioso Tomaso Subini torna nel «labirinto pasoliniano» – scrive Raffaele Chiarulli – con Le cronache di San Matteo. Il film amato e accantonato di Pier Paolo Pasolini (UTET, Torino 2022). Si tratta di un «film nel film, girato dal regista e interpretato da Orson Welles nel famoso episodio La ricotta (1963)». Un dettaglio, «assente nei dialoghi e noto su base documentaria solo a partire dal 2009», che è centrale per Pasolini perché inizialmente fu condannato per vilipendio della religione, costringendolo a una nuova versione de La ricotta. Ma anche perché di lì nacque l’idea del noto Vangelo secondo Matteo, che costituì il passe-partout che gli diede la possibilità «di fare in futuro ciò che voglio», scrive lo stesso regista al direttore della Commissione culturale del PCI, Mario Licata.
Nelle Riletture di Mariapia Veladiano c’è la raccolta di racconti di Gilbert T. Chesterton, Quattro candide canaglie (Guida, Napoli 1991), dove la verità si nasconde sotto l’apparenza, come in tutto il mondo di padre Brown. E dalla penna ironica del convertito al cattolicesimo escono questi «rocamboleschi esercizi di torsione della realtà, paradossali e divertenti ma insieme pieni di pensosa malinconia per un mondo storto che ha bisogno che questi rovesciamenti vengano infine squadernati per salvare un po’ di verità. Che il Vangelo annuncia ma che gli uomini tradiscono».
