Anticipiamo alcuni stralci dell’articolo d’apertura del numero di giugno de Il Regno-attualità, a firma del direttore Gianfranco Brunelli. Il testo, analizzando la parabola politica di Silvio Berlusconi, compie un excursus sui principali eventi che hanno segnato gli ultimi trent’anni e indica agli attuali soggetti in campo – Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Partito democratico, Movimento 5Stelle – le sfide che la scomparsa di Berlusconi e la contemporanea persistenza del berlusconismo lasciano loro.

Dalla «discesa in campo» a oggi

Con la morte di Silvio Berlusconi, il 12 giugno 2023, s’avvia un nuovo processo di transizione del sistema politico italiano. Berlusconi è stato tra i principali protagonisti della vita politica italiana degli ultimi trent’anni. Ha segnato il rapporto tra gli italiani e la politica nel comportamento sociale e culturale. La sua scomparsa segna un discrimine, anche se la sua fine politica era già avvenuta con la vittoria elettorale di Fratelli d’Italia il 25 settembre 2022 e la leadership di Giorgia Meloni sul centro-destra, che Berlusconi aveva inizialmente cercato di contrastare e controbilanciare.

C’è un prima e un dopo Berlusconi. Nel vuoto politico creato dalla fine della Repubblica dei partiti – fine avvenuta per via geo-politica e giudiziaria tra il 1989 e il 1993 – «la discesa in campo» di Berlusconi il 26 gennaio 1994 (di fatto preannunciata nel novembre 1993) andò a riempire quel vuoto.

Allora fu troppo contradditoria, nominalistica, gattopardesca l’evoluzione post-comunista degli eredi del Partito comunista italiano, nonostante le intenzioni di Achille Occhetto; troppo attardati sul modello proporzionalista la cultura e il comportamento politico dei superstiti del Pentapartito; non sufficientemente coerente la strategia di chi come Mario Segni, pur avendo stravinto nel 1993 un referendum istituzionale che, anche con la successiva, più moderata legge elettorale intestata a Mattarella, spostava il sistema politico verso la forma uninominale maggioritaria, non ne aveva tratto tutte le conseguenze politiche ed elettorali (…). 

[Ora] siamo entrati anche simbolicamente in una fase nuova.

 

Nelle mani di Giorgia Meloni

Molte le questioni che si pongono alla politica e ai suoi protagonisti. Sul versante del centro-destra i temi riguardano la sopravvivenza di Forza Italia. Un partito personale quanto sopravvive alla scomparsa del proprio leader? La famiglia Berlusconi ripianerà i debiti ancora per un anno. Fino alle elezioni europee del 2024. Fin lì dunque dovrebbe accadere poco. La stessa Giorgia Meloni ha interesse a che non s’acceleri la scomposizione di quel soggetto politico. Non in questa fase. Opposto è l’interesse di Salvini, che non si è arreso alla leadership della Meloni. Ma fino a quella data sarebbe folle anche per lui rischiare una crisi di governo. 

Molto dunque è nelle mani della Meloni. Forza Italia era la sezione italiana del Partito popolare europeo; senza quell’appoggio Meloni deve accelerare il processo di moderazione di Fratelli d’Italia, attraverso un profilo politico e alleanze che ne spostino l’azione politica – difficile immaginarne una rapida trasformazione culturale – più al centro degli schieramenti.

Ne va della sua credibilità internazionale e della possibilità d’ereditare la parte maggioritaria dell’elettorato berlusconiano. Ne ha la forza e la volontà, ma non è detto che ne abbia il tempo e le capacità. Giorgia Meloni appartiene a una destra che ha nel «comunitarismo» la propria identità politica, il berlusconismo è una forma di individualismo; più che dal fascismo politico Meloni e la sua generazione provengono dal marginalismo ideologico degli anni Settanta e la sua idea di nazione non è ascrivibile semplicemente ai nazionalismi novecenteschi. Berlusconi era un uomo d’affari che aveva nei media la propria identità. Non sarà facile per Meloni scindere il voto berlusconiano dal berlusconismo.

 

Il PD ai margini del sistema politico

Perché il sistema italiano si normalizzi in chiave bipolare, dando compimento a quella transizione infinita cui neppure il protagonista Berlusconi, soprattutto per interesse personale, ha dato risposte adeguate, è necessario che si costruisca anche il polo di centro-sinistra. Oggi in quell’area c’è il vuoto politico. La riconsegna del Partito democratico che Enrico Letta ha fatto, attraverso la vittoria di Elly Schlein alla segreteria, ai bersaniani di Articolo 1, cioè alla classe dirigente ex-post-comunista, ha di fatto spaccato il partito e lo ha consegnato all’ala neo-radicale.

La segreteria Schlein, nonostante l’appoggio della CGIL, non sembra in grado d’elaborare alcuna linea politica. Una leadership debole, confusa, chiusa in uno schema politico settario, alla rincorsa dei 5Stelle immaginando d’intercettarne il voto, ha posto in pochi mesi il PD ai margini del sistema politico, in posizione subalterna a un movimento che già di suo fatica a immaginare un futuro politico. Basta infatti qualche esternazione saltuaria e irresponsabile di Grillo a far saltare il quadro.

La costruzione di un sistema bipolare e competitivo non ha in questo momento alcuna sponda credibile nell’attuale centro-sinistra. La parte riformista del PD è – e si è posta per opportunismo – fuori gioco. Questa sinistra non ha alcuna possibilità di andare al governo e può perdere anche negli enti locali. Non migliori prospettive sembrano avere Carlo Calenda e Matteo Renzi. Renzi è certamente un politico di razza, ma per eccesso di tatticismi e di personalismi ha consumato oramai ogni credibilità. Gioca alla propria permanenza. La riforma del sistema politico italiano non è più nelle sue possibilità.

Gianfranco Brunelli

Direttore de “Il Regno”

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