Al viaggio di papa Francesco in Mongolia, conclusosi ieri, Luigi Accattoli, sul suo blog, ha dedicato due post, dei quali riprendiamo qui alcuni stralci (G.Mc).

2 settembre

In visita in Mongolia, dove i cattolici sono appena 1.500, il papa ha parlato oggi dell’atteggiamento di «fraternità con ogni popolo» che caratterizza la missione cristiana, assicurando le autorità del paese ospitante che «nulla hanno da temere dall’attività evangelizzatrice della Chiesa» e incoraggiando quella minima comunità cattolica a non temere la sua povertà di persone e di messi perché «la piccolezza non è un problema, ma una risorsa”. Sottolineo due brani del discorso del papa nella cattedrale di Ulaanbaatar, capitale della Mongolia.

 

La Chiesa non ha un’agenda politica 

Nell’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i missionari, i consacrati e le consacrate e gli operatori pastorali della Mongolia, Francesco ha detto: «Il Signore Gesù, inviando i suoi nel mondo, non li mandò a diffondere un pensiero politico, ma a testimoniare con la vita la novità della relazione con il Padre suo, diventato “Padre nostro” (cf. Gv 20,17), innescando così una concreta fraternità con ogni popolo. La Chiesa che nasce da questo mandato è una Chiesa povera, che poggia solo su una fede genuina, sulla disarmata e disarmante potenza del Risorto, in grado di alleviare le sofferenze dell’umanità ferita. Ecco perché i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti».

 

Dio ama la piccolezza

Nella stessa occasione, ha detto anche: «Alzando lo sguardo a Maria, siate dunque rinfrancati, vedendo che la piccolezza non è un problema, ma una risorsa. Sì, Dio ama la piccolezza e ama compiere grandi cose attraverso la piccolezza, come Maria testimonia (cf. Lc 1,48-49). Fratelli, sorelle, non abbiate paura dei numeri esigui, dei successi che tardano, della rilevanza che non appare. Non è questa la strada di Dio. Guardiamo a Maria, che nella sua piccolezza è più vasta del cielo, perché ha ospitato in sé colui che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere (cf. 1Re 8,27)».

 

3 settembre

Giornata piena di messaggi, l’ultima vissuta dal papa che si è fatto missionario in Mongolia: un’esemplare presentazione della partecipazione della Chiesa cattolica al dialogo interreligioso, un saluto al «nobile popolo cinese», un incoraggiamento al piccolo gregge cristiano sperduto in quell’immensità, un toccante ricordo della messa sul mondo di Teilhard de Chardin scritta dal gesuita francese «esattamente 100 anni fa, nel deserto di Ordos, non molto lontano da qui». Non faccio commenti, tranne che sulla Cina, ma registro con viva gratitudine questi messaggi. 

 

La Chiesa offre a tutti il tesoro che ha ricevuto

Nell’incontro ecumenico e interreligioso del 3 settembre Francesco ha detto: «In società pluralistiche e che credono nei valori democratici, come la Mongolia, ogni istituzione religiosa, regolarmente riconosciuta dall’autorità civile, ha il dovere e in primo luogo il diritto di offrire quello che è e quello che crede, nel rispetto della coscienza altrui e avendo come fine il maggior bene di tutti. In tal senso io vorrei confermarvi che la Chiesa cattolica vuole camminare così, credendo fermamente nel dialogo ecumenico, nel dialogo interreligioso e nel dialogo culturale. (…) Il dialogo, infatti, non è antitetico all’annuncio: non appiattisce le differenze, ma aiuta a comprenderle, le preserva nella loro originalità e le mette in grado di confrontarsi per un arricchimento franco e reciproco. Così si può ritrovare nell’umanità benedetta dal Cielo la chiave per camminare sulla terra. Fratelli e sorelle, abbiamo un’origine comune, che conferisce a tutti la stessa dignità, e abbiamo un cammino condiviso, che non possiamo percorrere se non insieme, dimorando sotto il medesimo cielo che ci avvolge e ci illumina.

 

Saluto al nobile popolo cinese

Dopo la messa: «Questi due fratelli vescovi, l’emerito di Hong Kong e l’attuale vescovo di Hong Kong: io vorrei approfittare della loro presenza per inviare un caloroso saluto al nobile popolo cinese. A tutto il popolo auguro il meglio, e andare avanti, progredire sempre! E ai cattolici cinesi chiedo di essere buoni cristiani e buoni cittadini. A tutti. Grazie». [Alla celebrazione era infatti presente un gruppo di cattolici cinesi accompagnati da due arcivescovi di Hong Kong, uno in carica e uno emerito. I cattolici provenienti dalla Cina non erano accompagnati da loro sacerdoti e vescovi perché il governo di Pechino non ha autorizzato la loro presenza: il saluto del papa va letto in riferimento a quella presenza dei fedeli e a quell’assenza dei sacerdoti e dei vescovi – è un saluto che ringrazia per la presenza e che chiede la fine delle restrizioni].

 

La «messa sul mondo» con Teilhard de Chardin «spesso incompreso»». 

Ancora dopo la messa: «La messa è azione di grazie, «eucaristia». Celebrarla in questa terra mi ha fatto ricordare la preghiera del padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin, elevata a Dio esattamente 100 anni fa, nel deserto di Ordos, non molto lontano da qui. Dice così: “Mi prostro, o Signore, dinanzi alla tua Presenza nell’Universo diventato ardente e, sotto le sembianze di tutto ciò che incontrerò, e di tutto ciò che mi accadrà, e di tutto ciò che realizzerò in questo giorno, io Ti desidero, io Ti attendo”. Padre Teilhard era impegnato in ricerche geologiche. Desiderava ardentemente celebrare la santa messa, ma non aveva con sé né pane né vino. Ecco, allora, che compose la sua “messa sul mondo”, esprimendo così la sua offerta: “Ricevi, o Signore, questa Ostia totale che la Creazione, mossa dalla tua attrazione, presenta a Te nell’alba nuova”. E una preghiera simile era già nata in lui mentre si trovava al fronte durante la Prima guerra mondiale, dove operava come barelliere. Questo sacerdote, spesso incompreso, aveva intuito che “l’eucaristia è sempre celebrata, in un certo senso – in un certo senso –, sull’altare del mondo” ed è “il centro vitale dell’universo, il centro traboccante di amore e di vita inesauribile” (Laudato si’, n. 236), anche in un tempo come il nostro di tensioni e di guerre. Preghiamo, dunque, oggi con le parole di padre Teilhard: “Verbo sfavillante, Potenza ardente, o Tu che plasmi il molteplice per infondergli la tua Vita, abbassa su di noi, Te ne supplico, le tue Mani potenti, le tue Mani premurose, le tue Mani onnipresenti”».

Luigi Accattoli

Vaticanista

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