Per cominciare a contestualizzare il «percorso d cultura politica» che Il Regno e la Comunità di Camaldoli propongono quest’anno (5-8 ottobre) stiamo proponendo qui su Re-blog, in due parti, un testo introduttivo del direttore della nostra rivista, Gianfranco Brunelli. Di seguito la seconda parte (la prima parte è stata pubblicata il 16 settembre).

Esaurito il passato

La dissoluzione della Democrazia cristiana (DC), segnando il venir meno della relazione tra Chiesa, «mondo cattolico» e DC, disarticolava la stessa funzione civile ed ecclesiale del laicato cattolico organizzato, diminuendone, da un lato, il peso e l’incidenza politica e, dall’altro, il peso e il ruolo ecclesiale.

«Se il partito attuale – aveva detto il card. Camillo Ruini ai vescovi nel 1992, quando la DC era ancora al 31% – a un certo punto decadrà, o se è già avviato verso il decadere, dobbiamo accettare l’idea che per un periodo abbastanza lungo non avremo alternative paragonabili. Non può il mondo cattolico per 47 anni avere occupato una posizione di grande rilievo attraverso uno strumento e poi, se viene meno quello strumento, pretendere di occupare ugualmente una posizione di grande rilievo immediatamente, attraverso altri strumenti».

 

Quali «altri strumenti»?

Né il Progetto culturale (lanciato dallo stesso Ruini nel 1994, dopo la fine della DC), che con un intento ancora troppo politicistico affidava alla gerarchia il compito di dialogare direttamente con la società italiana e traghettare il mondo cattolico dopo la DC, tenendolo unito attraverso un processo di centralizzazione ecclesiastica; né il decennio successivo, contrassegnato dal cambiamento di due pontificati, che ha corrisposto sostanzialmente a una fuoriuscita afasica della Chiesa dal modello precedente senza saperlo sostituire, sono stati in grado, sul lato ecclesiale, di predisporre «altri strumenti». Mentre si è andata consumando nell’area cattolica un’intera stagione dell’associazionismo e del movimentismo cattolico, oggi fortemente ridotto per numeri e rilevanza. Il contesto del sistema politico ha fatto il resto.

 

La terza questione

Non avere risolto la questione laicale, immaginando di tenere centralisticamente le pecore nell’ovile, non aiuta ad affrontare la terza «questione cattolica», posta dalla totale secolarizzazione della società. 

Essa è propriamente una questione religiosa e culturale, che implica il confronto tra riferimenti morali e valoriali diversi presenti nella società, anche in presenza e in derivazione da altre religioni. È una questione che si riferisce alla società nel suo complesso, al cambio antropologico radicale in atto – a differenza della prima, che aveva un carattere istituzionale ed era in capo alle classi dirigenti, e della seconda, che in quanto politica era delegata soprattutto al ceto politico.

Qui occorre ripartire complessivamente da una prima evangelizzazione o alfabetizzazione della fede. In una società genericamente cristiana, ma di fatto indifferente, la sfida religiosa (o per meglio dire della fede) è posta al primo posto. La Chiesa, come aveva intuito il card. Carlo Maria Martini, deve ripartire da Dio.

 

La consapevolezza della carità

Anche il modello caritativo, che rimane la porta di ingresso dell’umano, il luogo nel quale si manifesta il segno della grazia, necessita di un approfondimento in chi lo compie più che di un tentativo di conversione verso chi lo riceve. L’incontro con un fratello consiste nella sua gratuità, che attesta la gratuità di Dio. La consapevolezza del cristiano origina non solo la sua vicinanza, ma il segno di quella vicinanza. La carità necessita di una rinnovata consapevolezza teologica, pena il suo esito funzionale ai modelli societari volta a volta esistenti e il lento deperimento dei soggetti che la praticano. 

C’è poi un problema di più ampio discernimento culturale, della formazione delle coscienze. Su questo la Chiesa ha una responsabilità oggettiva, ovunque si trovi a vivere. Ma oggi è l’intero il popolo di Dio a giocarsela: uomini e donne.

Gianfranco Brunelli

Direttore de “Il Regno”

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